“L’Amore Quando Muore” di Nadia Levato

l'amore quando muore di nadia levato
l’amore quando muore di nadia levato

L‘amore quando muore

di Nadia Levato

Ci sono amori eterni perché neppure la morte riesce a dividere i cuori che hanno battuto
all’unisono.
Elisa e Matteo. Una coppia come tante, una coppia che prima c’è, poi non c’è più.
Una coppia che arranca lungo la via del loro amore morente. Amore che muore. Piano, un passo alla
volta.
Un amore spazzato dal vento del disinteresse, della carriera, della paura.
Un amore che Elisa cerca di trattenere, di non far volare via come foglie sotto la pioggia autunnale.
Elisa e Matteo. Ecco la loro storia.
“L’amore quando muore” è un romanzo struggente in cui Elisa parla all’amato. In cui Elisa
ripercorre la loro storia in poche e pregnanti pennellate. Una storia triste nella sua banalità. La storia
di una coppia che prima c’è, poi non c’è più.
Più che romanzo, lo definirei un inno. Sì, un inno all’amore per la propria metà, all’amore che
rimane nonostante stia morendo.
È una lunga lettera, quella di Elisa, una lettera a Matteo.
Un dialogo a una sola voce. Il diario straziante di qualcosa che vuole rimanere a galla.
Elisa ricorda ogni piccolezza di Matteo, del suo Matteo, ogni dettaglio, parola, sguardo. Spera di
trattenerlo ancora un po’ con sé.
Perché Matteo è assente. C’è, ma non c’è più. Come l’amore.
Un amore che muore in ogni pagina.
Un amore che può rinascere dalle ceneri di se stesso, come un’araba fenice dai contorni infocati.
Ed eccolo, l’inno: l’inno all’amore che muore ma che potrà rinascere. Perché Elisa non vuole
lasciarlo morire. Non vuole e nelle sue parole troviamo tutto il coraggio. Il coraggio di una donna
che lotta contro l’indifferenza e la paura.
Elisa è una donna forte e fragile, è una donna che ama nella sua totalità.
Anche Matteo ama, ma forse lo ha dimenticato.
È un bel romanzo, “L’amore quando muore”, imbevuto di emozioni. Un romanzo che leggi
dall’inizio alla fine, che non puoi lasciare sul tavolo prima di averlo terminato. Un romanzo breve,
ma ricco di sfumature. In poche righe conosciamo Elisa, Matteo, l’amico Carlo. Non servono
descrizioni: le emozioni parlano.
E quando un romanzo parla attraverso le emozioni, non può che essere grande.
Una bella scoperta, Nadia Levato, che non a caso ha anche vinto un premio.
Ma il premio più importante lo darei a Elisa, e alla sua capacità di trattenere tutto dentro di sé.
Anche l’amore. Quando muore.

Incipit:

La scrivania del tuo studio è ricoperta di fogli dattiloscritti. Ne prendo
uno fra le mani. Le parole mi danzano sotto gli occhi ancora sgualciti
dal sonno.
È il tuo ultimo capolavoro.
Quello che ti tiene inchiodato in questa stanza fino a notte fonda. Non
hai tempo da dedicare a noi. Non adesso. Non più.
È un libro molto importante.
Hai una consegna da rispettare.
L’editore non ammette ritardi.
È così. Prendere o lasciare.
Seziono con lo sguardo ogni centimetro di questa stanza. La libreria

di noce scura. I quadri alle pareti. La tua ossessione per Manet. La lam-
pada di bambù acquistata in Giappone.

Pezzi di noi.
Trovo irritante il caos del tuo studio. Le scarpe che fanno capolino da

sotto la sedia. Il maglione accartocciato in un angolo ed un numero in-
definito di libri e vocabolari abbandonati con maestria sul pavimento.

Pile instabili e traballanti sistemate secondo logiche a me incomprensi-
bili.

Trovo irritante il tuo lavoro.
La disattenzione sacrale in cui ti immergi. Quei personaggi di fantasia

nei quali posso riconoscere e scovare ogni mio difetto, mancanza o atti-
mi di vanità.

Trovo irritante sentirti russare da questa stanza, sapendo che ti sve-
glierai solo fra molte ore, dopo che il giorno avrà mangiato gran parte

del tempo e a noi non resteranno che briciole da condividere prima del-
l’inizio di un nuovo capitolo.

Eppure, non troppo tempo fa, trovavo così poetico restarti accanto

nelle tue maratone notturne. Guardare il tuo profilo corrucciato. La pen-
na in mano e il taccuino davanti. Pagine bianche che piano piano si co-
loravano d’inchiostro.

Spesso l’alba ci sorprendeva abbracciati, talora addormentati.

E capitava, a volte, che quei fogli si macchiassero di caffè per la stan-
chezza o per un bacio rubato di soppiatto. E ridevi, mentre maldestra-
mente cercavo di porre rimedio ai miei disastri con un canovaccio.

Adesso non ridi più.

Emanuela Navone