22/11/63, di Stephen King

22:11:63

Trama (dal sito Amazon)

Il 22 novembre 1963 tre spari risuonarono a Dallas, il presidente Kennedy morì e il mondo non fu più lo stesso. Se fosse possibile cambiare il corso della Storia, tu lo faresti? È quello che si domanda Jake Epping, tranquillo professore di Lisbon Falls, Maine, quando scopre che la tavola calda del suo amico Al nasconde un segreto. La dispensa è in realtà un passaggio temporale e conduce al 1958. Per Jake è una rivelazione sconvolgente, eppure l’incredulità non gli impedisce di tornare ai favolosi anni Sessanta e cominciare una nuova esistenza nel mondo di Elvis Presley e James Dean, del twist e delle automobili interminabili. Un mondo in cui Jake si lascerà coinvolgere in una missione straordinaria: fermare Oswald e salvare Kennedy. Sovvertendo per sempre tutte le regole del tempo. E della Storia.

Recensione

Devo premettere che a me S. King piace, ho letto molti suoi libri. Non tutti, nemmeno la metà, ma comunque una ventina. E’ sicuramente uno degli autori che ho letto di più. Questo per dire che ho senz’altro un pregiudizio positivo nei suoi confronti.

Questo libro lo avevo nella mia libreria da un po’ di tempo, ma non mi decidevo a leggerlo. Non mi piaceva la copertina e non volevo immergermi nelle atmosfere della Dallas degli anni ’60 e dell’omicidio di Kennedy. Non è un argomento che mi appassiona. Però, come dicevo, King mi piace, non sono mai rimasta delusa (certo, qualche libro mi piace meno di altri) e così ho preso il coraggio a due mani e ho iniziato la lettura di più di 700 pagine. L’ho finito in due giorni. Ammetto di non aver amato i passaggi in cui descrive i movimenti di Oswald, li ho trovati noiosi e non mi interessava molto la sua storia, ma per fortuna il libro non è solo questo.

C’è una storia d’amore (quanto amo le storie d’amore!) e ci sono elementi tipici di King e del suo “orrore”. Non mancano infatti i riferimenti a It e a un clown che uccide i bambini, alla capacità dell’essere umano di fare del male senza motivo. Una delle cose che amo dei suoi libri è che non ci sono mai buoni e cattivi assoluti: è come nella vita reale, anche il buono ha un suo lato oscuro e il cattivo una parte che a volte è luminosa. Questo mi piace, perché i cattivi puri lo sono quando sono posseduti. Restando nel mondo di King, sono le cose, le città, le macchine a essere malvagie, non le persone. Non sempre, almeno.

Il libro inizia in una tranquilla cittadina del Maine, dove il proprietario di uno di quei diner tipicamente americani ha scoperto un portale per andare nel passato. Dal suo diner si può arrivare direttamente all’ottobre del ’58. Al, questo il nome del proprietario, convincerà Jake, un insegnante, ad andare nel passato per salvare JFK. Lui non lo può fare: ci ha provato, ma il passato non vuole essere cambiato e così lui sta per morire di cancro. Non farebbe in tempo a salvare il presidente.

Jake accetta un po’ controvoglia e noi ci ritroviamo a seguirlo nelle sue avventure. Prima di salvare JFK fa delle prove e salva altre persone, poi si trasferisce vicino a Dallas, trova posto come insegnante e i suoi 5 anni di fatto volano, così come a me sono volate le più-di-settecento-pagine.

Non c’è molto da dire sulla scrittura di King, vende milioni di copie da decenni e le ragioni a me paiono evidenti. Le sue descrizioni, il modo di raccontare i personaggi e le loro azioni, le ambientazioni, sono sempre semplici, ma precise.

“…dissi, con assurda cortesia da cocktail party” rende benissimo l’idea, senza bisogno di aggiungere altro.

La ripetizione di filastrocche il cui testo è un non-sense, ma che ci ricorda altre filastrocche a noi familiari e altrettanto non-sense, in contesti inquietanti o degradati, da una parte ci tranquillizza, dall’altra ci mette sul chi-va-là. E la naturalezza con cui King mescola il tutto, lo rende unico.

Nel frattempo è uscita una serie televisiva tratta dal romanzo alla cui stesura lo stesso King ha contribuito. Ho guardato la prima puntata: a differenza di molte altre trasposizioni televisive o cinematografiche, qui hanno voluto mantenere il senso e alcuni aspetti principali, ma la storia si sviluppa in maniera molto diversa, a partire dall’anno di “atterraggio”, il ’60 anziché il ’58. Anche in questo ravvedo un po’ di “genialità”. Solitamente noi lettori ci annoiamo a vedere un film tratto da un libro che abbiamo già letto: non in questo caso, perché la storia è la stessa, eppure è diversa.

Videorecensione