Best della grande palude
di Davide Rondoni
Dall’Autore di Se tu fossi qui, Premio Andersen 2015 un romanzo sull’amicizia, sul perdono e sull’avventura.
Best e Rosa vivono nella casetta vicina al faro in cima alla scogliera, dove il padre di Best è il guardiano. Si sono lasciati la grande palude alle spalle e ora le loro giornate trascorrono felici, guardando le barche passare in compagnia di Bombo, un simpatico golden retriever. Ma il mare, si sa, porta di tutto, cose belle e pericoli. Quando all’orizzonte spunta una nave con le vele nere e una strana bandiera, per gli abitanti del faro nulla sarà più come prima.
Ci sono scelte da fare e rischi da correre. E allora, tutto può succedere.
«A Best andavano i capelli sugli occhi, a Rosa si scompigliavano i ricci come un cespuglio, a Bombo le orecchie volavano all’indietro. Stavano loro tre, come ai confini del mondo».
Recensione
Diventare grande è conoscere
il silenzio, la palude, le luci della città dell’infanzia
rimasta alle tue spalle
è tuo padre che diventa un punto
lontano sotto le stelle
conoscere il coraggio
di affrontare anche i pirati e rimettersi
sempre in viaggio
arrivare a pensare
che il cuore di una persona
è la cosa più difficile e bella
da cambiare
ma a volte basta poco, una luce
accesa, un gesto familiare
un invito, chiunque sia, a restare –
Ok, forse questa recensione sembrerà il valzer delle banalità. Scusate.
Rondoni scrive bene, benissimo. Non ci sono dubbi. E non è scontato che uno scrittore usi in maniera così precisa e armonica le parole, le pause, che sappia evocare in modo semplice immagini definite, nitide. Anche la sua prosa è poesia.
La storia è dolce e delicata. L’ho letta d’un fiato, in una serata, perché è una bella favola, anche se il termine sembra riduttivo.
Best e Rosa decidono di attraversare la palude, sono due bambini, e per loro è un’avventura. Lo zio di Best, zio Tomlison, li aspetta a casa sua, sulla veranda, insieme alla madre di Rosa. Parlano poco, condividono l’attesa.
Ah, povero zio Tomlison, lasciato solo nella baracca
al di là della grande palude. Non immaginava certo che
Best, dopo aver incontrato tante persone che gli avevano
parlato di suo padre, il guardiano del faro, sarebbe partito
di nascosto per raggiungerlo. Best ricordava le parole
dell’assassino, della vecchia che sputava parolacce, dello
strano intagliatore di colombe di pietra, del marinaio.
Doveva assolutamente incontrare suo padre e Rosa, sorprendendolo,
lo aveva seguito in quel viaggio.
Dall’altra parte della palude Best ha ritrovato suo padre, che non vedeva da anni, e Rosa una serenità che, forse, a casa sua non aveva. Il cane Bombo è una macchia di allegria e buonumore.
Il padre, che non ha nome, è solo il padre di Best, si occupa del faro. Quando i pirati si fanno vivi, le cose si complicano. Ma il potere della luce, di una lanterna a casa, che significa che qualcuno ti sta aspettano, ha il potere di accendere qualcosa anche nel cuore più arido.
Ci sono persone che aumentano il buio nei posti in cui
arrivano. Altre che invece, anche senza fare niente, lo diminuiscono
solo per come sorridono o salutano. Poi c’è
una terza specie. Le persone che portano il chiaroscuro.
Ovvero che fanno sentire più forte la presenza dell’ombra
ma anche quella della luce. Insomma, persone che
portano movimento, dramma, inquietudine, perché la
vita non è mai solo luce o solo buio. Ed è una fortuna
incontrarle.
Di luce Hugo ne aveva vista poca in quella casetta. E
ora che guardava il padre di Best, la casa illuminata e il
faro, c’era qualcosa che si insinuava nei suoi pensieri.
Best è un bimbo curioso, che impara in fretta e che cerca di nascondere la sua paura, per sembrare più forte e meritare rispetto; Rosa, coi suoi riccioli neri, sembra sapere sempre come comportarsi e non perde mai il buonumore; il padre di Best soffre per la perdita della moglie, ma non si sente solo, la avverte dovunque; lo zio Tomlison invece parla poco, e descrive i colori con nomi unici
C’è un sacco di gente, diceva lo zio quando stava sulla veranda
con Best, che vive con i topi morti sugli occhi. «Non si
godrebbero mai tutte le sfumature di questi colori… il
verde smeraldo, il verde cupo, l’azzurro cenere, l’azzurro
sfuggente, l’azzurro allegro, l’azzurro malinconico…»
Best sorrideva quando lo zio si metteva a inventare i
nomi dei colori. La vecchia maestra a scuola non avrebbe
mai accettato una definizione come “verde frettoloso” e
nemmeno “azzurro sussurro”.
Ma aveva di certo ragione lo zio.
Daniela