In casa d’altri, di Francesco Montonati

in casa d'altri

In casa d’altri

di Francesco Montonati

Quarta di copertina:

Avete mai provato a fuggire da voi stessi? Adamo sì. E il suo viaggio si trasforma in un avvincente percorso tra i misteri dell’isola di Stromboli, le sue dicerie, le sue leggende, le sue inquietudini. Un percorso che non può prescindere da uno sguardo impietoso nei meandri più profondi di se stesso, alla ricerca di una verità, dentro e fuori, che sistemi le cose. Un romanzo che vi terrà con il fiato sospeso. Del resto, si dice sempre così.

Recensione

Ho iniziato questo libro senza sapere bene che cosa mi sarei trovata davanti. Avevo letto la sinossi, e quindi mi aspettavo un romanzo di formazione, di introspezione, di ricerca del sé. Quello che mi sono trovata davanti è stato molto di più: ci sono questi elementi, ma non sono gli unici. C’è anche un po’ di amore, e soprattutto c’è un giallo, un mistero. Equivoci, malintesi, parole non dette, coraggio che manca…

Ammetto che all’inizio ho fatto un po’ fatica perché il protagonista non è che mi piacesse un granché. Arrogante, maleducato, troppo goffo, un cinquantenne che non sa che cosa ci stia a fare al mondo. Uno che tartaglia, che non ha carattere.

Arrivati al cancelletto, Bruno appoggia la valigia a terra.

«Ecco casa Mulingiana. È pronto?»

«Dobbiamo aspettare ancora tanto?»
Bruno apre il cancello. «No» dice. «Da questa parte.»

Però, dato che nel libro non compare solo lui, mi interessava sapere degli altri, che cosa combinavano, i dialoghi mi piacevano molto (molti sono in siciliano e l’autore ha provveduto a scrivere la traduzione nelle note a pie’ pagina, ma sono tutti facilmente comprensibili).

La storia parla di questo “professore”, Adamo, che va in Sicilia in cerca di ispirazione per un libro e per un conto in sospeso col passato. Non capisce dove si trova, è spaesato, parlano una lingua a lui sconosciuta. Poi qualcosa accade: conosce la nipote della sua ospite, una donna quasi quarantenne che lo scombussola per il suo modo di fare, di affrontare la vita. Perché si è emancipata da quella cultura arcaica, isolana, ma non l’ha abbandonata. E quella cultura esercita un certo fascino anche su Adamo, non riesce nemmeno lui ad andarsene, nonostante tutto intorno a lui gli urli di scappare a gambe levate. Ma lui resta. E riscopre se stesso e i legami, vecchi e nuovi.

Aveva undici anni. E già si immaginava scrittore. Si immaginava scrittore, anziano, in una vecchia casa sul mare. A scrivere, battendo i tasti senza mai fermarsi, davanti a quella striscia di seta blu tesa tra mare e cielo. Lì avrebbe voluto invecchiare. Lì, passare gli ultimi giorni. Aveva undici anni. E già si immaginava vecchio. O forse non voleva invecchiarci, lì. Forse voleva solo morirci.

E c’è dell’altro: c’è lo scoprirsi e lo scoprire, c’è che alcuni legami, o non legami, dati per scontati, in realtà possono essere molto altro. E di altri, che pensavi fondamentali, ti accorgi che puoi fare a meno.

Guardarlo al mattino, dalla finestra, oltre il foglio infilato nella macchina da scrivere. Il mare lo avrebbe salutato, carezzandolo con il suo sciabordio, e regalandogli ogni giorno quella voglia di scrivere che fra i pallidi palazzi di Milano era ormai scemata. Il mare. Perché il mare è questo per lui. È movimento. È vita.

Adamo scoprirà che non serve il mare per avere l’ispirazione, che è la vita, ovunque tu la viva, che ti dà ciò che cerchi, anche “fra i pallidi palazzi di Milano” puoi trovare bellissime storie di cui scrivere.

Però tu, autore, non me l’avevi mica detto che è un giallo! Io pensavo che fosse una storia d’amore o un libro intimista, o un libro per raccontare e ingannare il tempo. Invece no. Nemmeno me ne sono accorta che era un giallo. E non posso nemmeno definirlo ‘giallo’. Questo libro è molte cose. È la ricerca di un uomo, di se stesso e dell’amore, ma non in maniera spasmodica, non toglie il sonno ai personaggi. È una di quelle ricerche che non sanno di esserlo, e la scoperta, la comprensione ti arriva come un’epifania, “tra il lusco e il brusco”. All’improvviso vedi l’ovvio. Come io non ho visto che era un giallo, finché non ho potuto fare altrimenti, così il protagonista scopre di esistere e di poter vivere, perché non ha scelta.

Daniela