Cattivo infinito, di Leandro Del Gaudio

cattivo infinito

Sinossi, dal sito Amazon: Fabrizio ha impugnato armi, ha ucciso, è stato processato e condannato. Una volta in cella, ha preso parte a un corso di teatro sperimentale, ha amato una donna – la sua professoressa di italiano -, convinto di aver chiuso i conti con la camorra, fiducioso della possibilità di riabilitazione. Voleva scontare la sua condanna a 25 anni, era già a metà della pena, pronto a una vita diversa, quando ha capito che i nemici di un tempo non gli avrebbero dato pace, ma lo avrebbero ammazzato lì, a Volterra, a pochi passi dal carcere, magari durante un permesso premio. È evaso, è fuggito in Francia, costretto alla latitanza, senza poter neppure dire addio alla famiglia o alla donna che lo amava, alla sua prof che lo sosteneva nella strada del riscatto. Prefazione di Roberto Saviano.

Recensione:

questo libro non è un romanzo, eppure lo è. La storia che racconta è vera. O forse no? Poco importa, quello che emerge è un piccolo quadro, un tassello all’interno di un mosaico più grande che si chiama Camorra.

Del Gaudio racconta la storia di Fabrizio, che si incrocia con quelle di Emanuele, Big Babòl e Omissis, dagli anni Ottanta fino al 2013. Si incontrano e si scontrano nel corso degli anni. Lo stile è quello di far raccontare ai protagonisti la loro storia, sotto forma di monologo, come la ricordano, come l’hanno vissuto. Si sentono così quattro voci diverse, sebbene abbiano indubbiamente molto in comune. Si comincia dagli anni Ottanta, quando Fabrizio decide che preferisce rubare pellicce e fare soldi facili, piuttosto che spaccarsi la schiena in falegnameria, con un lavoro onesto. Continua così per anni: furti, scommesse, droga e infine omicidi. Finché non incasina tutto, viene incarcerato e poi spostato di prigione in prigione, perché qualcuno lo vuole uccidere. Alla fine torna nella sua Napoli, giusto il tempo di fare dei documenti, di riprendersi la sua identità. È un uomo diverso, non pensa più che morire ammazzato sia poetico. Eppure certe cose non cambiano.

In questo libro i personaggi sono pochi, i protagonisti tutti uomini. Potrebbe essere un libro violento, e invece la violenza viene solo accennata, il minimo indispensabile per dare l’idea, senza soffermarsi su dettagli morbosi. Nessuno di loro è una “brava persona”, eppure alla fine ti ritrovi a sperare in un lieto fine, perché Fabrizio ha sbagliato, ha ucciso, imperdonabile!, però si è sporcato le mani, non si è nascosto dietro una maschera perbenista, mentre altri, che non hanno mai premuto il grilletto, hanno fatto ben peggio, eppure sembrano candidi come gigli.

Non è un libro con buoni e cattivi, qui ci sono quasi solo cattivi, i buoni hanno poco spazio. E la storia di Fabrizio, Big Babòl, Omissis ed Emanuele ci è fin troppo nota. Fabrizio e Big Babòl, criminali dichiarati, gli altri due si nascondono in uno studio di avvocato o dietro opere caritatevoli della parrocchia. Del Gaudio racconta una storia che potrebbe essere mille storie di un’Italia marcia. Si svolge a Napoli “per caso”, ma potrebbe benissimo essere Milano o Roma.