“Causa di forza maggiore” di Amélie Nothomb (Voland)

Causa di forza maggiore
Causa di forza maggiore

Recensire un libro della Voland è sempre piacevole. Si tratta, infatti, di una delle mie case editrici preferite.

Amelie Nothomb è un’autrice che apprezzo moltissimo, romanzi brevi, eccentrici, graffianti. La sua scrittura mi spiazza. Mi avvicino a ogni nuova lettura con scetticismo e curiosità: sono certa che sarò stupita e che quando meno me lo aspetto mischierà le carte per spiazzarmi. Anche questa volta è andata così.

Mi piace innanzitutto la sua penna asciutta, senza fronzoli, che non vuole girare attorno alle cose ma è sempre molto diretta. Si tratta di un romanzo di 130 pagine o poco più, che analizza il rapporto con le bugie, con l’imprevisto, la coincidenza, con il destino che prima o poi presenta il conto.

“Le menzogne hanno curiosi poteri: chi le inventa gli obbedisce”

L’incipit è già di per sé una buona ragione per ritrovarsi: quante volte ci è capitato che dopo aver parlato di un argomento così per caso, tutto attorno a noi ce lo riproponesse? C’è quasi da credere di essere osservati… Ecco, al protagonista accade questo: una sera chiacchiera con un tizio che vuole spiegargli come evitare di finire indagato se mai gli morisse qualcuno in casa. E il giorno dopo il protagonista si ritroverà nei guai proprio per essersi fidato dell’idea di quello sconosciuto della sera prima e compirà azioni dissennate che lo condurranno a desiderare di vestire i panni di un’altra persona. Si può sparire e cambiare vita senza che i nodi prima o poi vengano al pettine?

 

Incipit

“– Se le muore inopinatamente un ospite in casa, si guardi bene dall’avvertire la polizia. Chiami un taxi e gli dica di condurla all’ospedale con l’amico che ha avuto un malore. Il decesso verrà constatato appena arrivati al pronto soccorso e lei potrà assicurare, testimone alla mano, che il trapasso del tizio è avvenuto durante il tragitto. In questo modo, la lasceranno in pace.

– Io, a dire la verità, mi sarei preoccupato di chiamare un medico, non la polizia.

– Stesso risultato. Quelli sono tutti in combutta. Se qualcuno di cui non le importa un accidenti ha una crisi cardiaca nel suo appartamento, il primo a essere sospettato è lei.

– Sospettato di che, se ha avuto una crisi cardiaca?

– Finché non verrà dimostrato che è stata una crisi cardiaca, casa sua sarà considerata come la scena di un crimine. Lei non potrà più toccare niente. Il suo alloggio sarà invaso dalle autorità, ci mancherà poco che non traccino la posizione del corpo con il gesso. Si sentirà a disagio. Le faranno mille domande, sempre le stesse.

– E dov’è il problema, se uno è innocente?

– Ma lei non è innocente. Una persona le è morta in casa.

– Bisogna pur morire da qualche parte.

– A casa sua, non al cinema, non in banca, non nel sonno. Quel tale ha aspettato di trovarsi a casa sua per passare a miglior vita. Le coincidenze non esistono. Se è morto nella sua abitazione, lei c’entra per forza qualcosa.”

Qui si può gustare un suo racconto inedito.

Anita