L’archivio degli dei – di Miriam Palombi

L’archivio degli dei

di Miriam Palombi

Dark Zone

Dal sito dell’editore

Una maledizione antica ha originato una scia di sangue che attraversa i secoli. Macabri omicidi sono rimasti insoluti. Un’insidiosa caccia al tesoro disseminata di trappole mortali dalle quali sarà possibile salvarsi solo grazie all’astuzia e alla conoscenza.

Recensione

Firenze, 1587: Cristoforo Arrighi, custode del Palazzo e della Galleria degli Uffizi riceve dal Padrone, il Gran Duca Federico I De Medici, suo unico amico e maestro, la chiave del suo segreto più prezioso.

Con questo inizio l’autrice, Miriam Palombi, ci prende per mano e ci guida nella conoscenza degli anfratti più misteriosi e tortuosi del Palazzo e della Galleria e di opere d’arte della Firenze del XVI secolo. Messaggi oscuri e percorsi segreti da interpretare, scavando nel profondo delle opere, sono la via intrapresa dall’autrice per farci conoscere la sublime arte fiorentina per mezzo di raffronti e accostamenti del significato di dettagli apparentemente con esclusivo carattere decorativo.

Una storia che si snoda attraverso i secoli tramandando lo stesso segreto, gli stessi affanni, trappole, intrighi, crimini e l’incessante reincarnazione del capostipite Cristoforo che, sul punto di morte, minaccia il figlio Lapo di un tremendo destino se non dovesse proseguire l’opera che lui aveva svolto per tanti anni in obbedienza al padrone. Doveva dedicare la propria vita al ritrovamento del,tesoro nascosto.

«Bada non mentirmi, ricordati, hai dato la tua parola… Potrei tornare in qualunque momento a rammentarti la tua promessa … E per quanto può valere la mia parola al pari della tua, io vi maledirò, tu e tutti quelli che verranno dopo di te, sangue del mio sangue. Insieme al mio nome e al mio denaro avrete anche il peso delle mie ultime volontà, vi attenderò all’Inferno e uno a uno vi ricorderò il patto».

Lapo Arrighi aveva odiato quel padre e non aveva nessuna intenzione di mantenere la promessa strappatagli. Cosa mai poteva fargli ora che si trovava all’aldilà? Eppure, quella maledizione lo porterà alla morte tra tremendi supplizi.

L’alchimia, che era uno degli interessi maggiori di Francesco I De Medici, fa da sfondo alle imprese dei protagonisti che si trovano coinvolti in intrighi e crimini di ogni genere, miranti alla scoperta del supposto tesoro e al potere che da questi deriverebbe.

Il racconto si snoda attraverso i secoli fino ai giorni nostri e, attraverso un crescendo di eventi sapientemente costruito, coinvolge il lettore rendendolo partecipe del tentativo di interpretare immagini e simboli contenuti nelle opere d’arte e in messaggi oscuri tra cui un misterioso elenco fatto di cifre e lettere che segnerà la svolta nella scoperta della verità.

Quel crescendo trova il suo apice nella decodificazione dei sette titoli che compongono l’elenco e il lettore percorre un itinerario di conoscenza di opere dei massimi artisti dell’epoca, dalla “battaglia di San Romano” di Paolo di Dono, che conosciamo come Paolo Uccello, alla “Madonna col bambino e due angeli” del frate pittore Filippo Lippi, fino al “Ritratto di Lorenzo il Magnifico” di Giorgio Vasari.

Altri dettagli dei principali monumenti fiorentini svelano ai protagonisti collegamenti e significati insospettabili e la “Fontana di Nettuno”, voluta da Cosimo De Medici, padre di Francesco, non vi sfugge, tanto che la data della sua inaugurazione, 10 dicembre 1565, finisce per essere accostata al segno zodiacale del Sagittario che rappresenta l’arcobaleno derivante dall’ebraico Qesheth «che significava arco o arcobaleno, simbolo del processo alchemico in cui la materia comincia a trasmutare i colori. L’arco, invece, principale elemento architettonico di sostegno, sfida la forza di gravità stagliandosi verso il cielo, e rappresentando l’ispirazione spirituale dell’individuo, una sorta di patto tra Mondo Terreno e Mondo Celeste. L’arciere, poi, era simbolo di forza mirata, espressione della potenza creatrice».

Nelle loro imprese, i protagonisti si imbattono ripetutamente in una molteplicità di simboli e basta un nonnulla per fare loro elaborare concetti e interpretazioni risalenti ad antiche sapienze. Una banale constatazione (il caso del quarto giorno di permanenza a Roma di uno di loro) porta a speculazioni che richiamano alla mente la mistica contenuta nello Yi Jing o libro dei mutamenti (uno dei quattro libri principali che illustra la saggezza cinese) o al simbolismo di stampo qabbalistico in cui il numero quattro corrisponde ai quattro mondi ossia: Mondo dell’emanazione, Mondo della creazione, Mondo della formazione e Mondo dell’azione, diventa «l’emblema del moto e dell’infinito. L’unione del numero uno, il monade, e del numero tre, l’Eterno, simbolo dell’uomo che porta in sé il principio divino.

Il richiamo ai Quattro Elementi che si riteneva componessero l’Universo era palese. Il pavimento di marmi policromi intarsiati rappresentava la Terra; il Fuoco era riprodotto dal velluto rosso cremisi delle pareti; la tinta blu oltremare del tamburo e le decorazioni di madreperla e conchiglie realizzate sulla cupola alludevano all’Acqua; l’Aria era rappresentata dalla lanterna aperta ai venti, sulla quale sommità ruotava una banderuola. Fonti antiche riferivano di uno zodiaco illuminato da un raggio di sole in certi periodi dell’anno».

Attraverso una trama tinta di giallo poliziesco, con il suo Archivio degli dei Miriam Palombi riesce a farci assaporare il piacere della conoscenza della Galleria degli Uffizi con i suoi anfratti, le sue opere e i monumenti circostanti, ma riesce anche a farci ricordare come l’intreccio tra esoterismo, occultismo, alchimia e quant’altro, seppure da sempre strumenti di conoscenza o ricerca di verità dei più, è spesso serviti a satrapi della storia mondiale, antica e recente, per esercitare il proprio potere.

Convinti di essere prescelti da oscure divinità che li rendono partecipi dei propri misteri, questi satrapi si sentono depositari di una verità che li pone al di sopra di ogni morale legittimandoli a esercitare ogni misfatto, non ultimo quello di disporre della vita altrui.

Alfredo