Orfani Bianchi di Antonio Manzini (Chiarelettere)

Orfani Bianchi di Antonio Manzini
Orfani Bianchi di Antonio Manzini

Sinossi dal sito dell’editore:

Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio, poi la signora Mazzanti, “che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all’albero, ai regali e al panettone”, poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall’esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirli c’è lei, Mirta, che non li conosce ma li accompagna alla morte condividendo con loro un’intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane.

 

Recensione:

Manzini ci ha abituato a un altro genere di romanzo, ma qui si misura con un tema difficile e per molti ostico, visto che guarda alla realtà che per molti è “l’altra parte”. Le badanti lasciano tutto per venire ad accudire i nostri anziani, lasciano bambini che restano orfani pur avendo una madre e prendono in carico vecchi che sono orfani di cure e amore filiale.

“Cara Mirta, ti scrivo per dirti che Ilie legge le tue lettere in cinque minuti e sorride. Ed è andato a scuola. Qui accanto a me c’è tua madre. Dice: Ilie non usa il telefono perché non ci sono soldi. Oggi qui fa freddo e ho tossito tutta la notte. Il medico viene ogni tre giorni ma, ora che c’è neve, solo una volta a settimana. Il cielo è nero e come se non bastasse nevicherà di nuovo. Dice sempre tua madre: La settimana scorsa se n’è andata anche Grigora. Ormai a parte tuo figlio e Andrea Monteanu e io, padre Boris che ti sta scrivendo, in paese sono tutti vecchi. Dice tua madre: Ieri Anna si lamentava che da anni non mangiava salsicce. Invece le aveva mangiate tre giorni prima. Anche il cervello di Anna se n’è andato. “

Eppure, Mirta è un personaggio spezzato, fra la necessità di mandare i soldi al suo paese e il figlio Ilie, che ama come una madre sa amare ma non può abbracciarlo. Ma tutto procede e lei si fa coraggio perché sa che il fine è nobile, se non ci pensa lei alla sua famiglia, nessun altro lo farà. I problemi iniziano quando il figlio dell’anziana cui Mirta bada decide di portare la madre in casa di riposo. Così si mette in luce la dinamica di questo strano attaccamento: la badante mal sopportava la vecchia, ma se lei se ne va o muore, come farà Mirta a provvedere a Ilie?

“E mentre ti pensavo Olivia con una voce di catarro e cattiva come carta vetrata mi dice: «Quant’è che stai qui Mirta?». Mi sono girata. Mi guardava con gli occhi malvagi, sembravano di fuoco. «Due anni, signora.» «E dopo due anni ancora non lo sai che a me gli spaghetti in brodo mi fanno schifo? E che ci voglio il parmigiano?» «Ora ce lo metto!» «Mangiateli tu.» «Dopo infatti li mangio anche io, signora.» «Chissà cosa ti pago a fare.» Le ho messo il parmigiano nel brodo vegetale direttamente dalla bustina. «Basta così?» «Ancora! Cos’è, lo paghi tu che hai il braccino corto?» Allora ce l’ho buttato tutto.”

Manzini con questo romanzo importante e necessario, raccontato dal punto di vista femminile, ci mette davanti agli occhi una verità assai spiacevole: non siamo le belle famiglie che crediamo, non siamo davvero uniti, migliori di chi si deve sostituire a noi nelle cure affettive verso gli anziani. Il romanzo denuncia una realtà innegabile: se Mirta porta suo figlio in un orfanotrofio in Moldavia perché non sa a chi lasciarlo, è anche colpa nostra e di come è organizzata la società che la ospita. Anche stare a guardare ci rende tutti un po’ colpevoli.

” Mirta si tirò la coperta fin sotto il mento. Inutile girarci intorno. Nina aveva ragione, altre soluzioni non ce n’erano. L’internat. Solo la parola le faceva venire un brivido nella spina dorsale e le chiudeva la gola. Che razza di madre sei se sei costretta a mettere tuo figlio in un orfanotrofio? Che razza di madre sei?”

Leggere Orfani Bianchi di Antonio Manzini è un pugno allo stomaco, fa male e fa piangere, ma dice cose che ci farà bene sapere.

 

Anita