“Una Storia Nera” di Antonella Lattanzi (Mondadori)

Una Storia Nera di Antonella Lattanzi
Una Storia Nera di Antonella Lattanzi

 

I programmi di cronaca ci hanno abituati alle storie nere. Il cliché della violenza domestica, della donna che sopporta le botte per amore dei figli e i figli che l’accusano di esagerare a voler lasciare il padre. Poi le minacce, lo stalking selvaggio fino alla più classica delle conclusioni: il femminicidio. Lattanzi invece inverte e sovverte la banalità. Adoperando un perfetto stile nevrotico e frenetico ci racconta una storia nera che ha tutti i contorni, quantomeno in principio, di una qualunque storia familiare italiana. La quotidianità di due genitori separati, Carla e Vito, con due figli grandi (dunque già in grado di schierarsi e recriminare) e una bimba da accontentare perché ha bisogno di entrambe le figure genitoriali. Per lei Carla e Vito si riuniscono attorno a una torta di compleanno perché la piccola possa soffiare le candeline illudendosi ancora di una unità familiare apparente, per una sera soltanto. Che male può fare? Ma apparente è ogni verità in questa storia nera.

Il primo amore di Carla, conosciuto e scelto già fra i banchi di scuola, diventa un marito violento e geloso, difficile da gestire e impossibile da sopportare. Due anni dopo il divorzio, quando ormai Carla e Vito hanno imbastito nuove storie, succede l’imprevedibile: Vito scompare e Carla è l’unica ad averlo visto. Tutti lo cercano: la famiglia, vecchia e nuova e quella d’origine giù al paese, che è tutt’altro che raccomandabile. La storia nera si dipana inesorabile sulle bugie e sulle verità delle vite di tutti. Lattanzi fa un’analisi quasi chirurgica attraverso i fatti, con una precisione cinematografica che si accompagna a uno stile scarno e diretto. Una storia dolorosa che può essere la storia di chiunque.

 

Estratto:

“Giuro che ti ammazzo Carla, ti sgozzo come un porco, e ammazzo pure i nostri figli – quante volte Carla l’aveva sentito dire dal suo ex marito. Giuro che ti ammazzo se ti vedo sorridere al tabaccaio che ti vende i biglietti della metro. Giuro che ti ammazzo se metti un vestito, o una gonna, per uscire. Giuro che ti ammazzo se hai un’amica, se vedi tuo fratello, se parli con i tuoi genitori. Poco prima del divorzio, Vito di notte chiudeva Carla a chiave in camera da letto. E la mattina, prima di andare a lavorare, la chiudeva a chiave in una parte della casa.”