Un albero al contrario – di Elisa Luvarà

Un albero al contrario
di Elisa Luvarà
Un gruppo di ragazzini un po’ folli, dolcissimi e intensamente umani. E la loro vita in una casa molto speciale. Quando varca la soglia della comunità, Ginevra ha solo due grossi sacchi neri. Dentro c’è tutta la sua vita di undicenne: giocattoli, vestiti e quaderni accumulati in anni passati tra istituti e famiglie affidatarie, in cerca di un posto da chiamare “casa”. Adesso non sa cosa aspettarsi: e se i bambini e gli educatori fossero cattivi come li immagina nei suoi incubi? O, peggio, se la mandassero via ancora una volta? Per fortuna, quel mondo bizzarro è pronto a stupirla: c’è la signora Tilde, che le prepara grandi tazze di cioccolata calda; c’è Verde, la compagna di stanza, chiamata così perché ha i capelli tinti di color asparago; c’è Bao Kim che non sa parlare bene, ma ha sempre voglia di ridere e giocare. E poi c’è Agape, bello come una creatura marina, che le stringe la mano quando ne ha bisogno, facendole provare qualcosa di nuovo e speciale. Con loro Ginevra sente di non essere sola: in comunità tutti hanno storie dure alle spalle, ma insieme si fanno coraggio, e quando si ritrovano intorno al tavolo sanno che è a questo, in fondo, che serve una famiglia. Un romanzo toccante e vitale, che insegna a sperare e a non lasciarsi abbattere. Perché anche senza radici si può trovare la forza per crescere.
Recensione
Sono un papà affidatario da tre anni e ho svolto a lungo volontariato presso comunità di minori e madri/figli. Ho sentito un feeling forte fin dalle prime pagine con “Un albero al contrario”. Sono rimasto estremamente colpito dallo sguardo della piccola protagonista che, con gli occhi consapevoli dell’autrice ormai adulta, è riuscita a sviscerare temi tanto delicati con una profondità assoluta, con un’ironia tagliente.
Grazie a una scrittura senza fronzoli, che mi è arrivata dritta al cuore, ho trascorso del tempo con la piccola Ginevra, ho partecipato della sua rabbia, ho palpitato perché trovasse qualcuno capace di confortare il suo animo ferito, ho sorriso come uno stupido in metropolitana, ero lì con Agape, Verde, Tatiana. Certo l’aver vissuto in prima persona vicende analoghe mi ha aiutato, ma penso che sia un libro che dovrebbe leggere chiunque. Perché ci fa vedere quello che vive un bambino, il suo bisogno, legittimo e semplice, di essere visto, sostenuto, di avere una persona affidabile che gli indichi la via e lo conduca per mano.
Mi sono ritrovato in diversi momenti della giornata a pensare ai protagonisti di questo libro,  a chiedermi come andava a finire, capire se per ciascuno di loro ci fosse un futuro migliore.
Ginevra veniva da un affido fallito e il suo riferirsi alla sua mamma e papà finti mi ha indotto a riflettere a lungo. Non basta, infatti, esserci se non si stabilisce un contatto, se non si guarda la persona che ci si trova di fronte.
Durante le mie diverse esperienze a contatto con amici che di piccolo avevano solo la statura ho ricevuto molto più di quanto ho dato. Il libro di Elisa Luvara non è uno spot in stile pietistico, ma è una storia di vita vissuta, capace di farti ridere e piangere, gioire e temere, emozionare e spaventare. Mi sono sentito in dovere di ringraziare l’autrice perché ha concesso a ogni suo lettore l’onore di conoscere i suoi ricordi, immagino, più intimi, le sue paure, le sue speranze, in un modo delicato e allo stesso tempo ficcante, che ti tocca a fondo e ti resta dentro.
Ne sto parlando a tutti, ma lo farei leggere nelle scuole, a genitori e figli, perché aprano gli occhi su realtà che sono molto più vicine a noi di quanto si creda, perché non si rischi di bollare o etichettare in modo superficiale storie che invece hanno da insegnare tanto. E anche agli psicologi, del genere che ritiene di sapere tutto, di avere la verità e non si dispone all’ascolto del “paziente” che si trova di fronte.
Insomma, ora concludo perché non dovete perdere tempo con le mie parole, ma iniziare con quelle di “Un albero al contrario”.
Roberto Ottonelli