Bisesto
di Andrea Vismara
Recensione
Kidda è seduto in un bar, a bersi l’ennesima birra, quando viene approcciato da una giovane affascinante a cui non dice di no. L’indomani lei gli svela la sua identità: è la Morte e deve dargli una comunicazione. A causa di un pasticcio nei Piani Alti, lui e un’altra persona dovrebbero morire lo stesso giorno, ma c’è posto per uno solo, per non scombinare il delicato equilibrio su cui si regge l’universo. Per cui lui ha la possibilità di salvarsi: però deve rispondere a una domanda. Chi sbaglia muore.
Nel frattempo Kidda-Flavio sta organizzando la réunion del suo gruppo musicale: La Carcasse Dansant. Il concerto dovrebbe tenersi lo stesso giorno della sua morte.
Per Flavio inizia un’avventura in giro per i cimiteri italiani. A fargli da guida sono degli insetti, diversi di volta in volta e con modalità di comunicazioni non sempre apprezzate dal protagonista.
Si ritrova a parlare con grandi artisti del passato che gli danno indicazioni e suggerimenti quanto meno criptici. Stringe amicizia con un cane di marmo e ascolta le perle di saggezza di Fabrizio De André, Helenio Herrera, Arturo Toscanini e tanti altri.
A far da sfondo una Venezia fredda e perennemente avvolta nella nebbia.
La preparazione del concerto procede, e Vismara ci svela un po’ per volta che cosa è accaduto, perché non hanno avuto successo, nonostante le premesse e le loro potenzialità. Perché un gruppo così unito si è perso di vista per più di vent’anni? Chi sono realmente i suoi compagni di musica? Ognuno di loro nasconde qualcosa, ha una parte di responsabilità nello scioglimento della band, ma è davvero come credeva Flavio? E il filtro del tempo passato non distorce i ricordi?
Sono giorni, settimane vissuti in maniera onirica per il nostro protagonista, e di conseguenza per noi che lo seguiamo nell’impresa. L’altro, la persona contro cui deve vincere la gara se vuole vivere, arriva sempre prima di lui, sembra sempre un passo avanti. E lui si ritrova a rincorrere, in un turbinio di informazioni, eventi non sense, ricordi, il concerto da organizzare e sedute di psicoterapia non richieste, ma gentilmente offerte dai defunti.
Non ho mai fatto cose buone, non ho mai fatto cose cattive, non ho mai fatto niente d’inaspettato.
Un libro articolato, che ci fa sentire l’incertezza del protagonista, la sua difficoltà di stare nel qui e ora, il suo bisogno di cercare risposte e di non riuscire a comprenderle fino in fondo. Le sue debolezze non vengono nascoste, anzi, vengono esposte. Eppure, nella nebbia di Venezia, c’è qualcosa che si nasconde e che si annida, di indefinibile e impalpabile.
La follia non viene mai ascoltata per ciò che dice o che vorrebbe dire.
Daniela