Arrocco Siciliano di Costanza Di Quattro (B+C)

A Ibla le campane suonano a morto in quell’alba del millenovecentododici: è morto il farmacista FIlippo Albanese e chi viene a sostituirlo non si aspetta un’accoglienza tanto interessata.

Invece il suo arrivo desta grande curiosità in paese e gli abitanti vogliono sapere chi prenderà l’ambito posto del farmacista scomparso, che aveva grandi qualità umane oltre che professionali e accoglieva sempre tutti suggerendo rimedi per ogni problema, non solo farmaci.

Non è un ruolo semplice sebbene sembri chiaro, perché deve scontrarsi con la diffidenza degli abitanti, con la resistenza al cambiamento.

Ma il tempo aiuta, e poco alla volta i muri crollano, le distanze si accorciano e il napoletano Antonio Fusco riesce a farsi spazio nel cuore degli abitanti fino a raccoglierne le più intime confidenze.

Rimane su di lui, però, un grande punto di domanda su chi sia veramente e sul suo passato e sul perché sia stato scelto dalla vedova per succedere al farmacista, che ci accompagna lungo tutta la lettura.

L’arrocco a cui fa riferimento il titolo del romanzo è una mossa degli scacchi, la sola che consente di muovere due pezzi contemporaneamente: il re, che si mette al sicuro defilandosi e la torre che si sposta al centro.

E poi c’è la difesa siciliana, un’apertura che prevede due mosse ben precise.

L’arrocco siciliano, anche se non esiste così propriamente detto, è un modo di vivere, un modo d’essere che rende perfettamente lo stato d’animo del protagonista: si chiuderà in difesa per salvare il re?

Tanti i risvolti psicologici di Antonio Fusco, tanti i demoni che gli affollano l’anima e che poco per volta dovrà affrontare specchiandosi nell’altro, nel misterioso Federico, per esempio.

La grande capacità di Costanza Di Quattro è quella di dipingere degli affreschi su carta, le sue ricostruzioni storiche degli ambienti, dei luoghi e del linguaggio d’epoca sono fedeli ma sempre raffinate, comprensibili anche per il pubblico oltre lo stretto e le trame ricamate come pizzo di centrini che hanno la precisione geometrica della creazione. Allo stesso modo, l’autrice ci introduce nelle atmosfere di inizio Novecento, nei modi di dire dialettali, nelle tradizioni di quei luoghi che custodiamo nel cuore.

Incipit:

l portone al civico 31 di via degli Incappucciati era spalancato. Sull’ampia scala di pece nera, nel piccolo androne quadrato e fin sull’uscio della porta al primo piano, un gran numero persone si era accalcato in religioso silenzio. Si distinguevano, senza lasciare spazio al dubbio, i notabili della città – perlopiù grassi e tronfi – dai poveretti lisi ed emaciati. Ma tutti, e senza alcuna distinzione di rango, avevano lo sguardo basso, perlopiù nascosto dal cappello; le donne, invece, coprivano il capo sotto velette nere di merletto o scialli di lana ispida. Le corone di fiori, addossate ai muri perimetrali dell’atrio e al prospetto della casa, rendevano quel triste momento incredibilmente colorato. Un sole poi, iridescente e irrispettoso, solleticava le fantasie di chi, esausto dopo un lungo inverno, intravedeva la gentilezza della primavera.

Quarta:

E l’alba del Novecento, a Ibla, lì dove la vita scorre fiacca sulla campagna stanca; lì dove si accalcano notabili tronfi, mogli tradite e poveri diavoli; lì dove la farmacia Albanese, per tutti «molto più di una chiesa», di colpo rimane orfana di colui che da tanti anni la amministra con riserbo monastico. Quando a succedergli accorre da Napoli un giovane senza passato, accolto da ostilità e diffidenza che piano piano si sciolgono in un cauto abbraccio, il paese prende a pulsare e la farmacia a rivivere. Ad Antonio Fusco, questo il suo nome, toccherà navigare tra rimorsi polverosi e sciatiche ostinatissime, menzogne sottopelle e vizi feroci, amicizie insperate e cicalecci di popolo; e mentre scongiura il passato e insieme ne resta imbrigliato, mentre si gioca tutto con una mano di carte o una mossa di scacchi, lui riscoprirà e farà riscoprire la vita a chi pure «si sente morire da un pezzo». Dopo “Donnafugata” e “Giuditta e il monsù”, Costanza DiQuattro firma un nuovo quadro a tinte calde e d’antan, in cui la storia di un uomo accarezza quella di tutti in un incontro agrodolce tra redenzione e vendetta.