Askja di Ian Manook- blogtour

Askja è il secondo capitolo della trilogia ambientata in Islanda dello scrittore francese Ian Manook, edito da Fazi nella collana Darkside.

Ed eccoci qui a parlare dei personaggi.

Ce ne sono alcuni che conoscevamo già: Kornelìus, Botty e Ida.

E poi ne ce ne sono diversi nuovi, che non avevamo incontrato nel capitolo precedente Heimaey o di cui avevamo sentito parlare.

Non posso parlare di tutti, non voglio fare un elenco, per cui mi limiterò a quelli che mi hanno colpita di più, cercando di stare quanto più possibile sul vago, per non spoilerare. Perché per descrivere bene il personaggio, il rischio spoiler è altissimo.

E allora inizio: c’è il padre, Jakob. Se Kornelìus è un gigante, un troll, come sarà suo padre? Un troll con trent’anni di più. Un troll più grande. Lo si vede poco, ma la sua presenza è determinante per la risoluzione del caso e per la crescita del protagonista. Ci permette di scoprire il passato dell’investigatore più famoso d’Islanda, di sbirciare nel suo intimo, vedere momenti e ricordi custoditi gelosamente. E permette a Kornelìus di rileggere la sua vita, quello che ha creduto fino ad adesso. Più che una evoluzione è una rivoluzione di ciò che è, di ciò in cui crede, di come vive. Jakob e Kornelìus si assomigliano molto, non solo nel fisico, anche nella loro caparbietà, nel vivere isolati e nella bontà che non vogliono mostrare, ma che c’è. Quando si arriva al dunque, entrambi mostrano umanità, fredda e rigida come la pietra islandese, ma pur sempre rispetto nei confronti dell’altro.

Jakob mi fa venire in mente il riccio: punge coi suoi aculei perché è così, è da maneggiare con cura, ma è buono.

Botty: non mi ha fatto impazzire nel primo capitolo e nemmeno nel secondo. E come lei Ida. Le due donne di Kornelìus, ma è come se non lo conoscessero, soprattutto qui. Accusano lui di non vedere al di là del proprio naso, ma anche loro sono un po’ troppo concentrate su se stesse per cogliere la situazione e le sfumature. Kornelìus non è un compagno ideale, difficile stare con lui, ma a un certo punto una decisione bisogna prenderla. Se non va bene, via! Botty si fa prendere dalla rabbia durante gli interrogatori (poi scopriremo qualcosa di interessante sul suo conto, ma che di sicuro non la mette sotto una luce migliore) e a Ida sfuggono “dettagli” che avrebbe colto se non fosse stata concentrata sul suo ruolo di compagna ferita. Ah, è proprio vero che le relazioni sul luogo di lavoro non fanno bene!

Runny: compagna d’infanzia, si vede ancora meno del padre, ma come lui ha segnato Kornelìus profondamente. Ciò che lui è oggi lo deve molto anche a lei. E anche lei riserva un paio di sorprese. Forse la vedremo nel terzo capitolo. Un cavallo selvatico.

Comesé e Spinoza sono caricature di loro stessi. Uno non riesce a parlare senza l’intercalare “come se”, l’altro filosofeggia della qualunque. Simpatici quando non esagerano.

La giornalista, Sara Johandöttir: personaggio fondamentale per lo svolgimento della storia, anche se, anche lei, poco presente. Mi ha colpita e mi è rimasta impressa per la sua malinconia. Elegante, alla ricerca di qualcosa che nemmeno lei sa che cos’è, trasmette la sensazione di non essere riuscita a realizzarsi, a trasformare la sua vita come avrebbe voluto. Ci sono i rimpianti per le scelte sbagliate e le occasioni perse. Come se la vita fosse stata avara con lei e lei, adesso, non avesse più voglia di lottare per affermare i colori. Ecco, come se mancasse il colore nella sua vita, dentro di sé. Un personaggio malinconico, che mi è piaciuto proprio perché mi ha saputo trasmettere molte emozioni. Lei e Jakob sono, a mio modesto parere, i personaggi meglio riusciti perché veri, umani, non caricaturali. Gli altri è come se inseguissero l’immagine di se stessi, cercando di ricalcare le proprie impronte, loro due sono più spontanei, più veri. Certo, Jakob è freddo e rigido, ma quando leggerete il libro capirete perché, Sara è più morbida, ma non le va molto bene. Mi ricorda un piumone bianco e rosa, morbido e caldo, ma ormai rovinato, troppe volte rattoppato.

E poi Petur, che si riscatta sul finale. Ma non posso dire di più. Dico solo bruco, crisalide, farfalla.

In generale ho trovato che la maggior parte dei personaggi fosse volutamente esagerata, forse per farli uscire di scena senza rimpianti, non lo so. Quelli che mi sono piaciuti di più, che ho avvertito come più complessi, sono quelli in secondo piano. Non parlo della figlia, che suppongo ritroveremo nel terzo capitolo, di lei non posso parlare senza spoilerare. Kornelìus è sempre lui: il magma ribolle, ma lui non lo mostra.

E infine Ericksson: ci è o ci fa?

aspetto interessante del libro è il fil rouge della memoria, ma questo esula dalla mia tappa, ne parleremo nella recensione.

Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea