Blogtour – The House of secrets

Ancora una volta abbiamo avuto l’opportunità e il privilegio di leggere in anteprima un libro della Fazi, collana Darkside.

Amiamo questa collana, che raccoglie thriller mozzafiato e avvincenti, storie incredibili, raccontate dalle migliori penne del genere.

Questo libro non fa eccezione. Letto d’un fiato, ti tiene incollato alle pagine. E per una volta sei davvero – o quasi – sullo stesso piano della protagonista, Hazel, perché lei ha perso la memoria e tu, ovviamente, non puoi averla del suo passato. Ma di questo ne parleranno gli altri blog.

Io, prima di lasciarvi alla lettura del prologo, vorrei parlarvi brevemente di Benedict Arnold, figura centrale in questo romanzo.

Domanda: chi era?

Risposta: un traditore

Americano, amico di George Washington, lo tradì, combattendo contro i secessionisti, a fianco della Corona Inglese.

C’è un passaggio nel libro che ho amato molto, perché al di là del giudizio storico, della persona, di quello che quest’uomo ha fatto, è diventato un simbolo, tanto da essere citato anche in serie televisive come esempio di massimo tradimento.

“Puoi dirmi una cosa Hazel? Perché tutti pensano che Benedict Arnold sia l’unica persona che si sia mai rivoltata contro questo paese? Ha solo il vantaggio delle proporzioni e un nome facile da ricordare. Qualcuno si ricorda il nome di quel ragazzo che è andato a combattere con i talebani? O tutti gli americano che sono stati sorpresi a fare le spie per i russi? O tutte le frodi tecnologiche che ci sono adesso, quando i nostri segreti vengono scomposti in numerini, i dati ci volano tutt’intorno, tutto viene sempre rubato e usato contro di noi. Tutto! È tutto un tradimento. Ma questo non finirà nei libri di scuola. Così è più facile dare per scontato che l’unica brutta persona, l’unico vero traditore, sia esistito nel Settecento e dopo quello, be’, c’è stato solo il paese dei balocchi. Non è vero. La storia si sta scrivendo proprio adesso, ma nessuno aggiorna i vecchi libri. Allora perché Benedict Arnold è così importante?”

“Non lo è. Nell’ampiezza della storia del mondo è un granello di polvere”.

“No, è l’abbreviazione di un granello di polvere. Un significante. È quello il suo ruolo. Come un codice. È il trucco finale”.

Ed ecco a voi invece un estratto.

Non perdetevi gli appuntamento dei prossimi giorni: La bottega del giallo, Thrillernord, La bottega dei libri, Penna d’oro e Feel the book!

Prologo

Estate
Trent’anni fa

 
Jack Nash decide, a mezzanotte di un mercoledì nel cuore dell’estate di Los Angeles,
che sua figlia Hazel è pronta per la Storia.
Lui aveva sei anni la prima volta che il padre gliela raccontò. Cioè l’età di Hazel
adesso – esattamente sei – e lei è sveglia come un grillo, chiede in
continuazione perchée che cosa. Perché bisogna andare a dormire? Che cosa sono i
sogni? Perché si muore? Che cosa succede dopo che si muore?
«Lo saprai quando succederà», le dice Jack.
Sei è l’età giusta, pensa Jack.
A cinque era troppo piccola. Cinque anni è l’età che aveva suo figlio Skip quando Jack
gli raccontò la Storia ma non gli era rimasta impressa, non sembrava aver fatto il minimo
effetto. Il che portò Jack a domandarsi: quanti anni bisogna avere per conservare il ricordo
di un evento per il resto della vita?
Era quello il mistero della memoria: a un certo punto, sapevi semplicemente qualcosa.
Com’eri arrivato a saperla non importava.
«Bene, ci siamo», dice Jack. «Ma promettimi che non ti lascerai spaventare».
Hazel si tira su appoggiandosi su un gomito. «Non mi spaventerò», dichiara
solennemente. Jack sa che è vero: niente spaventa Hazel. Non quando può imparare
qualcosa. È il tipo di bambina che potrebbe scottarsi il pollice destro su un fornello
rovente, e poi tornare il giorno dopo e scottarsi il sinistro per fare un confronto.
Paradossalmente, per Jack questo era un motivo di orgoglio. Il fratello di Hazel, Skip,
tanto per cominciare non avrebbe neanche sfiorato il fornello, sempre così prudente in
tutto. Hazel invece era disposta a sacrificare un po’ di pelle per spirito d’avventura.
«Comincia tutto con un mistero, un enigma», dice Jack, e sente la voce di suo padre,
le parole di suo padre, distintamente. È scomparso da cinque anni ormai, ma il ricordo dei
suoi ultimi giorni è talmente vivido che avrebbero potuto essere trenta minuti. «Se risolvi
l’enigma, puoi restare alzata tutta la notte. Se non ci riesci, devi andare a dormire.
D’accordo?».
«D’accordo», dice Hazel.
«Chiudi gli occhi mentre racconto», dice Jack, scivolando nella Voce, la stessa che
una volta usava il papà, quella che adesso usa lui nel suo programma televisivo, dove
ogni settimana indaga sui complotti più famosi del mondo: chi ha ucciso JFK? Perché
Franklin Delano Roosevelt aveva una confraternita segreta nota come “la Stanza”? O il
suo preferito durante le rilevazioni periodiche degli indici di ascolto: all’esterno di ogni
assemblea massonica, c’è una sedia nota come “la Sedia di Tyler”; quali sono le sue vere
origini e i suoi segreti?
È un programma che Hazel non ha il permesso di guardare. La moglie di Jack, Claire,
teme che le faccia venire brutti sogni. Ma Jack sa che Hazel negli incubi ci sguazza,
proprio come lui una volta: qualcosa che ti insegue nel sonno era sempre molto più
interessante di distese di zucchero filato.
«Questa storia comincia centocinquant’anni fa, con un contadino», dice Jack mentre
Hazel si protende più in avanti sul gomito. «Una mattina si svegliò di buon’ora per lavorare i campi, e a qualche metro dalla sua cascina, trovò un giovane per terra, morto
congelato».
Hazel era affascinata dal congelamento: Jack e Claire trovavano continuamente nel
freezer gli oggetti più disparati, dalle bambole alle piante ai ragni morti.
«Il contadino porta il cadavere dentro la cascina, gli mette una coperta addosso per
farlo scongelare, poi va a svegliare il medico del paese e lo accompagna a dare
un’occhiata a quel poveretto. Quando il medico ritorna nel suo studio con il morto,
comincia un’autopsia di base. Cerca di trovare dei segni particolari da riferire all’ufficio del
sindaco. Ma appena apre il torace del giovane, fa una scoperta sorprendente…». E qui,
Jack fa la stessa cosa che faceva suo padre, e le dà due colpetti veloci al centro del petto,
per darle un senso reale dello spazio coinvolto. «Proprio lì, sopra lo sterno e fuori dalla
cassa toracica, trova un piccolo oggetto grande quanto un mazzo di carte. Ricoperto di
ceralacca. E quando rompe la cera, trova un libro in miniatura».
«E ci sta, lì dentro?».
«Ti ricordi il pacemaker del nonno? Ci sta. È minuscolo».
«Che libro è?», chiede Hazel, con gli occhi ancora chiusi.
«Una Bibbia. Una piccola Bibbia, perfettamente conservata dalla cera. E poi, il
medico… apre… la… Bibbia», dice Jack, calcando il tono della voce, «e dentro vede
quattro parole scritte a mano: “PROPRIETÀ DI BENEDICT ARNOLD”».
Jack s’interrompe e osserva Hazel. Gli occhi sono rimasti chiusi tutto il tempo, ma
continua a corrugare la fronte, tutta concentrata. «Allora?», dice Jack. «Come ha fatto a
finire lì?».
«Aspetta», dice Hazel. «Chi è Benedict Arnold?».
Non insegnano più niente a scuola?
«Era un soldato», dice Jack. «Durante la guerra d’indipendenza».
«Un buono o un cattivo?».
«Un tipo complicato», dice Jack.
«La Bibbia è stata messa nel corpo dell’uomo dopo che è morto?».
«No».
«Come fai a saperlo?».
«Ci sarebbe già stata una ferita sul petto».
«Di chi era la Bibbia? Cioè, era sua?».
«Non lo so», dice Jack,
pensando, Ecco, questa è una domanda che non avevo mai considerato. Gli occhi di
Hazel si aprono di colpo, poi si richiudono subito. Sta controllando per vedere se il padre
mente.
Hazel rimane in silenzio per trenta secondi, quarantacinque, un minuto. Poi: «Perché è
così importante com’è finita lì?».
«Perché è un mistero», dice Jack. «E i misteri devono essere risolti».
Hazel ci riflette su. «Tu la sai la risposta?».
«Io sì».
«Quanti tentativi ho?».
«Tre a sera», dice Jack.
Lei fa un cenno con la testa, a suggellare l’accordo. «Va bene», dice, «fammi
pensare».
Jack resta con lei altri dieci minuti, poi si dirige in camera da letto, dove Claire è
ancora sveglia, a leggere. «Sei riuscito a farla addormentare?», chiede Claire.
«No», dice Jack. «Le ho dato un enigma».
«Oh, Jack», dice Claire, «lo sapevo».

 

Hazel aspetta finché non sente il padre e la madre che parlano in fondo al corridoio,
prima di riaprire gli occhi.
Si alza, va dall’altra parte della stanza, apre l’armadio dove tiene i peluche. In realtà
non è che le piacciano molto, osservandoli bene fanno quasi venire la pelle d’oca:
animaletti che sorridono con una finta lucentezza negli occhi, senza denti, senza
nemmeno dei veri artigli. Trova alla svelta l’orso Paddington, gli toglie il bizzarro
impermeabile di plastica azzurra, pesca un paio di forbici dalla scrivania, e poi, con molta
calma, apre il torace di Paddington.
L’interno non è altro che lanugine, bianca e aggrovigliata. Nient’affatto come
s’immaginava un corpo, ma non importa. Estrae tutta l’imbottitura, la lascia in un
mucchietto ordinato sul pavimento della stanza, e poi riempie la cavità vuota di
Paddington con un tascabile Scegli la tua avventura, quello dove facevi finta di essere una
spia, ma finivi quasi sempre per essere investito da un camion. Poi lo imbottisce di nuovo,
richiude la pelliccia con delle graffette, dà una lisciatina al simpatico orsetto per farlo
sembrare come nuovo, e dopo gli rimette la giacca. Gli aggiusta il berretto rosso.
Poi Hazel esce dalla cameretta in punta di piedi e va in cucina, trova la scala a libretto,
e la fa scivolare di fronte al freezer. Quando sale su ed esamina i pochi pacchetti di cibo
congelato, decide che Paddington merita di stare in fondo dietro la vecchia bistecca di
soccoscio che è nel congelatore ormai da nove mesi.
Quando suo padre le chiederà come diavolo c’è andato a finire l’orso Paddington nel
freezer, sventrato e riempito con un libro, lei gli darà la sua risposta. È impossibile, dirà.
Niente è impossibile, dirà suo padre, perché è un uomo di fede.
Allora sarà stata magia, dirà lei.
La magia non esiste, dirà lui.
Allora sarà stata una persona, che cercava di imbrogliarti, dirà lei.
E avrà ragione.