Brutte storie bella gente – di Gianfranco Mattera (San Paolo)

Brutte storie bella gente

di Gianfranco Mattera

Edizioni San Paolo

Dal sito dell’editore

Sorprendenti e commoventi, ironiche e appassionate: questa raccolta di storie vere raccontate con piglio letterario presenta le sfide quotidiane di un assistente sociale: un uomo impegnato a fronteggiare le problematiche delle persone comuni che si rivolgono ai servizi di assistenza.

La povertà, l’immigrazione, la malattia psichiatrica, la solitudine, l’handicap, la separazione, l’affidamento familiare. Questi, tra gli altri, i temi di scottante attualità trattati dal punto di vista di chi nei servizi sociali ci lavora. A ciascuno di essi corrisponde un volto, una persona: un’avventura di sofferenza e di coraggio.

Con una scrittura asciutta e incisiva, rinunciando a ogni tentazione di autocelebrazione della professione, Gianfranco Mattera ci apre alla conoscenza di un mondo sconosciuto andando oltre gli stereotipi e i luoghi comuni.

Recensione

Un libro che parla di persone e delle loro difficoltà. Una raccolta di racconti: 15.

Alcune storie hanno un lieto fine, altre un finale aperto, altre ancora un finale decisamente negativo, brutto.

Mattera ci parla del suo lavoro, del nostro lavoro. Dell’essere a contatto con le persone in situazioni di disagio. Del tentativo di essere di aiuto, dei limiti contro cui ci si scontra, propri o altrui. Fare l’assistente sociale è sì una vocazione, ma è anche un lavoro. Pertanto, si è inseriti in un contesto amministrativo e istituzionale, ci sono delle procedure e delle prassi da rispettare, dei tempi istituzionali o burocratici che non sempre coincidono con il tempo delle persone.

Ci sono risposte che non esistono, interventi che non si possono fare. L’assistente sociale si ritrova a dover gestire la relazione con l’altro, a cercare il modo più giusto per aiutarlo. Tenta, prova, insiste, rinuncia, a volte riesce altre no, a volte si fa capire e a volte no. È  umano, è una persona come tutti. Agisce secondo la propria coscienza e secondo le indicazioni che vengono dall’amministrazione, dall’ordine professionale e dalla professione stessa. A volte le sue azioni appaiono incomprensibili, altre volte fin troppo semplici e semplicistiche.

Mattera ci riporta tutto questo. Ci fa sentire la frustrazione dell’incomprensione, del non riuscire a farsi capire, del non essere arrivati in tempo, del non aver capito che cosa stava succedendo. Ma anche la soddisfazione di un intervento riuscito, di una famiglia finalmente serena e tranquilla, di due persone che ritornano a parlarsi o di chi riesce ad accettare la propria situazione e andare avanti. Ci trasmette l’indefinito, l’indecisione, l’incertezza dei percorsi, spesso non finiti, ma solo abbozzati. L’accontentarsi dei risultati, seppur piccoli, perché per gli altri possono essere passi giganteschi.

Tutto questo fa parte del mondo dei servizi sociali e lui ce lo riporta tramite racconti di storie vere o verosimili. Un libro ricco, semplice nella narrazione, ma non nei contenuti, che parlano di noi. Non ci sono buoni o cattivi, non c’è giusto o sbagliato, ci sono tentativi, approcci, successi e fallimenti.

E adesso che cosa posso fare? Sarà giusto? O sarebbe meglio fare altro? Mille domande, mille dubbi che si interpongono tra un’azione e l’altra. Dubbi leciti, a cui, però, a volte non c’è risposta. La sola risposta è provare. E a volte provare vuol dire aspettare. Difficile, eh? Aspettare di vedere le reazioni, come si svolgono gli eventi. Trattenersi dal voler risolvere tutto e subito, rischiando di cadere nel delirio di onnipotenza.

Più di tutto, ciò in cui mi sono ritrovata, è la difficoltà di far capire all’altro che cosa possiamo fare, il nostro ruolo, comunicare cose che non vogliono sentire. Come diceva una mia tutor: a volte scambiano il servizio sociale per un bancomat. Pensano di venire a chiedere qualcosa, e che noi, come lo sportello bancomat, glielo forniamo.

In realtà il percorso è un percorso di collaborazione. Non ci sono richieste ed erogazioni semplici: io chiedo, tu mi dai. No: io chiedo, ne discutiamo e valutiamo insieme. Può essere che quello che sto chiedendo non sia la cosa più giusta da fare, non sia fattibile o invece vada benissimo. Ma è un strada a doppio senso. Continuo. Non si può percorrere quella strada da soli.

Daniela