Bulky di Raffaella Simoncini per Neo Edizioni

Si scrive con la U, Bulky, ma si legge A. La parola che dà il titolo al romanzo io non l’avevo mai sentita nominare, per fortuna, credo.

Perchè Bulky è una cosa ingombrante, voluminosa, e come aggettivo in inglese può anche andar bene, ma il Bulky della protagonista è una grossa massa, un linfoma, con cui lei deve fare i conti.

La protagonista si chiama Luce, un auspicio dentro il tunnel dell’angoscia, anche se la paura che permea le pagine è quella del vuoto, dell’inconsistenza, dell’effimero che ci sfugge fra le dita e non riusciamo mai ad afferrarlo, a fermare il tempo.

Nella sua vita entriamo a piccoli passi ma lei ci viene incontro, ci racconta delle terapie, della vita in ospedale, le lunghe e interminabili giornate, le parole difficili, i gesti di sua madre che l’assiste e vorrebbe salvarla con le sue mani.

Ma i momenti migliori sono quelli dei ricordi. al mare con la nonna, per esempio. Che prima la portava per farle respirare lo iodio e ora è lei che la porta per curarle le ossa. e un respiro può rivelare il problema, un tuffo e il mondo sparisce, ma poi si riemerge e tutto ricomincia.

“Mi tuffo. Raggiungo gli scogli, trattengo il respiro e scendo in apnea. Piccoli granchi neri corrono a nascondersi tra le rocce, il mio corpo è una nave che può distruggerli. Ne afferro uno, lo stringo tra le dita, riemergo e mi metto a sedere su uno scoglio. Il granchio si dimena, cerca di colpirmi con le chele, le zampe roteano a vuoto alla ricerca di una via di fuga. Continuo a stringere e a guardarlo, non ha alcuna intenzione di arrendersi. alla fine lo lascio andare e lui mi ferisce. Mi metto il dito in bocca per fermare il sangue, sa di ferro, il sale brucia intorno agli occhi, lo iodio spinge nei polmoni. nei capelli ho dei granelli di sabbia che stasera non pettinerò via”.

E poi c’è la cuoca.

La Cuoca è la compagna di stanza di Luce in ospedale. Ha un temperamento aggressivo e prevaricatore, vuole comandare su tutti: marito, infermieri, Luce. Ma lei risponde a tono e non le consente di turbarla. C’è però qualcosa in questa donna, la cuoca intendo, un piccolo invisibile squarcio che lascia presagire una fragilità, nonostante lo sguardo freddo e il tono di voce scontroso.

Poi a metà qualcosa cambia, si incrina e la realtà prende tutta un’altra forma. Luce viene spostata di camera e accade l’impensabile. I capitoli iniziano a contare i giorni e tutto si capovolge.

Non anticiperò in che modo, ma le relazioni hanno un potere sorprendente.

E diventano balsamo per l’animo.

In questo romanzo ci sono tutti gli ingredienti per una ricetta perfetta. Mentre affondavo gli occhi fra le righe, venivo risucchiata da molteplici sensazioni contrastanti: la prima delle domande che mi faccio sempre quando penso alla malattia è se la vita continua a prescindere, se il pensiero si concentra soltanto sul presente o riesce comunque a progettare un futuro, se i rapporti cambiano e se ci si continua ad arrabbiare per le stesse sciocchezze. E quanto ci si mette a definire quotidianità la routine dell’ospedale, la malattia.

L’autrice non prova a darci risposte, ma ci accompagna nella narrazione con la naturalezza di chi sa che ciascuno potrà trovarvi la propria personale verità.

E commuoversi, alla fine.

“La figura di mia madre si staglia in controluce, un unico movimento di braccia che si incrociano sul petto, testa che ruota verso di me, labbra tirate che articolano: «Se lo dici tu».
«Mi fanno stare male, non ce la faccio. Non dipende da me» provo a ribattere senza convinzione.
Il suo sguardo è fisso.

«Ma se continui così non ci rimarrà niente. Guarda in che stato sei! Perché non vuoi darmi ascolto?»

«Non è questo. Vista la situazione in cui mi trovo devo evitare di mangiare cibi che potrebbero farmi male. Ma se non mi credi parla con l’oncologo, ti dirà la stessa cosa».
Dita delle mani che si stringono attorno al foulard di seta che le ho regalato per il compleanno. Le nocche diventano pallide, lenarici si dilatano; la curva dolce delle sue spalle è incoerente vicino a quel collo.

«Ti prego, dille qualcosa tu, con me è impossibile» dice a mio padre. Si alza, stringe il foulard attorno al collo, e trafelata si chiude in bagno, con addosso gli occhiali da sole.

«Ma tua madre non potresti accontentarla, ogni tanto? Lei cerca di fare del suo meglio, dalle una possibilità».