Canto della pianura – Kent Haruf (NNE)

 

Canto della pianura

Kent Haruf

NN Edizioni

traduzione di Fabio Cremonesi

Dal sito dell’editore

Con Canto della pianura si torna a Holt, dove Tom Guthrie insegna storia al liceo e da solo si occupa dei due figli piccoli, mentre la moglie passa le sue giornate al buio, chiusa in una stanza.
Intanto Victoria Roubideaux a sedici anni scopre di essere incinta. Quando la madre la caccia di casa, la ragazza chiede aiuto a un’insegnante della scuola, Maggie Jones, e la sua storia si lega a quella dei vecchi fratelli McPheron, che da sempre vivono in solitudine dedicandosi all’allevamento di mucche e giumente.
Come in Benedizione, le vite dei personaggi di Holt si intrec ciano le une alle altre in un racconto corale di dignità, di rimpianti e d’amore. In particolare, in questo libro Kent Haruf rivolge la sua parola attenta e misurata al cominciare della vita. E ce la consegna come una gemma, pietra dura sfaccettata e preziosa, ma anche delicato germoglio.

Questo libro è per chi ama spostarsi solo con il pensiero, meglio se in poltrona e sotto una coperta a scacchi rossi e blu, per chi riesce a sentirsi a casa anche solo con una finestra aperta sul cielo, per chi cerca su google maps i luoghi dei libri, meglio se immaginari, e per chi ha deciso di affidarsi al tempo, nella convinzione che lo spazio possa sempre tradirlo.

“Vite insignificanti ma indispensabili,
per la più semplice delle ragioni:
per la voce stupenda, quieta e luminosa,
con cui Haruf ci r acconta della sua Holt,
di questa piccola città
dove ci sembra di vivere da sempre
e che mai vorremmo lasciare.”

Recensione

Di che cosa potrebbero mai parlare due anziani allevatori e una ragazza di 17 anni, cacciata di casa dalla madre perché incinta? Che cosa avranno mai da raccontarle questi due fratelli? Chiedetelo a Raymond e Harold. Pare che un ottimo argomento per rompere il ghiaccio siano i prezzi di mercato di carne, granoturco, soia, bestiame, ecc…

Mi sono abituata alla scrittura di Haruf in Benedizione e mi sembra di non poterne più fare a meno.

Descrive vite semplice, in un paese della provincia americana. Cose già viste e sentite: una ragazza di appena sedici anni resta incinta, il padre del bambino non lo sa ed è sparito, la madre la caccia di casa; una donna depressa lascia i due figli e il marito per cercare di stare meglio, un ragazzo fa il bullo a scuola e donne e uomini si cercano, si innamorano o si tengono anche solo un po’ di compagnia. Eppure o forse proprio per questo si vuol continuare a leggere, a scoprire che cosa succederà e, per me soprattutto, come si comporteranno i protagonisti? Che cosa faranno? Quale sarà la loro prossima mossa? Cambieranno la routine o la seguiranno? Mi piace l’idea dei due anziani allevatori che si mettono in gioco, che decidono di accogliere una ragazza sconosciuta, loro, che hanno sempre vissuto da soli. E lo fanno con poche parole e gesti misurati. Si affezionano a lei come a una figlia, o a una nipote, e senza dirle niente le dimostrano quanto sia diventata importante. Parlano poco, quasi tutti parlano poco. Chi parla tanto di solito, nei libri di Haruf, non è una persona positiva, ma qualcuno che combina guai. La sua scrittura, come si legge dovunque, è pacata. Lenta, ponderata, tranquilla, ma non per questo meno avvincente. Una volta entrati nella vita degli abitanti di Holt, li si vuole seguire fino alla fine.

Non dicono più di due parole alla volta. Non soltanto a me. Penso che non si parlino nemmeno tra di loro.

[…]

Per il resto va tutto bene?

Oh, sono gentili con me. Se si riferisce a quello. Sono abbastanza cortesi.

Però non parlano, disse Maggie.

Non so nemmeno se mi vogliono laggiù, disse la ragazza. Non so proprio cosa pensano.

Hai provato a parlarci?

La ragazza guardò sconfortata la donna. Signora Jones, disse, io non so nulla di vacche.

Mi sono affezionata anch’io ai fratelli McPheron, all’apparenza due vecchi brontoloni, di fatto due uomini che hanno sempre vissuto in disparte, facendosi i fatti loro. E ci sono rimasta male io per loro quando Victoria se ne è andata, senza dir loro niente. Ho sentito la loro solitudine: se prima non sapevano di soffrirne, ora, dopo averla avuta per casa, per quanto presenza discreta, l’avvertono chiaramente. Sanno di essere soli.

Le amicizie sono legami strani, particolari: che cosa lega le persone? Perché due bambini di 9 e 10 anni passano dei pomeriggi con una signora anziana? E perché i fratelli McPheron non dicono di no a Maggie Jones? Ci sono cose che non si possono dire o spiegare, ma che Haruf ci fa sentire chiaramente. La stima delle persone oneste, tra di loro si riconoscono. Non importa quanti errori possano fare, le anime simili si ritrovano e stanno bene insieme, a dispetto delle differenze di età, di cultura, di provenienza o di etnia.

È un viaggio nei buoni sentimenti, nelle buone intenzioni, ma anche nei dispiaceri, nelle delusioni, il primo contatto con la morte, con la violenza, con i soprusi. Eppure, per quel che mi riguarda, mi resta una sensazione positiva, di luminosità e di fiducia, di speranza. Un libro che racconta la vita, senza grandi pretese, ma con innegabile maestria.

Daniela