“Dalla parte di lei” di Alba De Céspedes (Mondadori)

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“Dalla parte di lei” di Aba de Céspedes (Mondadori 1949)

Se vi piacciono i finali da brividi e allo stesso tempo una forte dose introspettiva, “Dalla parte di lei” è il romanzo che fa per voi. Scritto da Alba De Céspedes nel 1949 ma ambientato dieci anni prima, è un romanzo di quasi seicento pagine. Può essere diviso in tre parti: l’infanzia di Alessandra, segnata dalla perdita della madre; il soggiorno di Alessandra in Abruzzo, ai piedi della montagna Majella, in un paese sul fiume Sangro che possiamo identificare come Torricella Peligna; e il suo ritorno a Roma, quando si sposa con l’antifascista Francesco e si trova anche lei coinvolta in azioni sovversive. E, soprattutto, sogna l’amore.

Cos’è Dalla parte di lei

La protagonista Alessandra racconta in prima persona il suo legame con la madre Eleonora e il modo in cui ha vissuto, di riflesso, il suo amore extraconiugale. Figlia a sua volta di un’attrice che aveva dovuto riporre veli e attrezzi di scena per dedicarsi alla famiglia, Eleonora ha scelto di assecondare il suo talento per la musica ma non è stata compresa dal marito, un uomo di vecchissimo stampo che si aspetta che le donne facciano quello che hanno sempre fatto: mettere da parte sé stesse.

“Straordinarie sono le donne che non si lasciano travolgere”

Alla scomparsa della madre, Alessandra viene mandata in Abruzzo dalla nonna per diversi mesi, e qui sentiamo viva e forte la contraddizione di una società matriarcale che riconosce l’autorità di una nonna “bianca come una montagna” e che dorme con le chiavi degli stipi sotto il guanciale, ma che allo stesso tempo non concepisce nessun’altra attività fuori di casa.

La sedicenne Alessandra si trova circondata da mura spesse e antiche, in cui da duecento anni le persone nascono, partoriscono e muoiono senza avere avuto altra scelta. Quando la nonna le mostra le lenzuola destinate al suo corredo, comprese quelle da neonato, capiamo come l’idea del matrimonio non fosse una fantasia, a quei tempi, bensì una certezza.

“Mamma”, le chiesi con disperazione: “si può essere qualche volta felici per amore?”

“Oh, sì”, disse lei; “credo di sì, bisogna aspettare, soltanto. A volte” aggiunse più piano “si aspetta tutta la vita.”

Tornata a Roma, Alessandra conosce e sposa Francesco e passa la terza parte del libro a confrontare la magia e la passione dell’innamoramento iniziale allo squallore dell’abitudine nella vita matrimoniale. Francesco appare un buon uomo, ma molto preso dalle sue attività politiche e sicuramente adagiato nella sistematicità di una vita ordinaria.

E cosa succede se una donna così nostalgica riceve la dichiarazione d’amore di un altro uomo?

Il malessere di Alessandra cresce e si alterna a stati di euforia. Il finale non ve lo diciamo.

Punti di forza

Bello, bellissimo. “Dalla parte di lei” mostra nella sua pienezza il garbo della scrittura di Alba De Céspedes, così introspettiva, pacata, a volte arrabbiata, disperata, ma mai rassegnata. Alessandra è una sognatrice che non si accontenta del conforto di quanto è già stabilito. Si sogna come cane idrofobo e ribelle, esasperato. Grida aiuto, si spertica in spiegazioni, in giustificazioni, in richieste di giustizia. Parliamo di un tempo in cui la legge privilegiava l’uomo e la donna aveva, sostiene Alessandra, meno diritti di uno schiavo.

“Infine, quando io la scossi pel braccio più volte, chiedendole: “Che possiamo fare, di’, su, che cosa?” ella, senza mutare l’espressione impietrita del volto: “Che vuoi fare?”, disse, “È il marito.”

Però, però, però…

Il ritmo del libro non è sempre incalzante. Cinquecentoquarantanove pagine sono lunghe e l’io narrante si sofferma spessissimo sulle proprie sensazioni. Per leggere “Dalla parte di lei” ci si deve preparare all’ascolto, come in una seduta psicanalitica. Se non siete pronti o pronte, meglio rimandare. Oppure provate ad ascoltarlo su Audible come ho fatto io quando Alba De Céspedes è stata scelta dal Club del libro della libreria Primo Moroni come autrice condivisa del mese di marzo.

Avevo già in prestito il libro della biblioteca da due mesi: un’edizione Mondadori del 1964.

“Mia madre non capiva: se mia madre non capiva, nessuno avrebbe potuto capire mai”

A fare da contrappeso all’introspezione c’è anche moltissima azione e ci sono molti dialoghi, spesso toccanti e fortemente rappresentativi del modo di vedere di quel periodo. Sono scene spiazzanti, senza scampo. Ci immergiamo in un mondo infelice e poco illuminato, fatto di tante aspettative e promesse non mantenute. Quando ne emergiamo, però, possiamo constatarea con sollievo che molto è cambiato.

Della stessa autrice abbiamo recensito anche “Quaderno proibito“.

Cristina Mosca