I delitti della primavera – di Stella Stollo

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I delitti della primavera

di Stella Stollo

Edizioni Graphfeel

Dal sito dell’editore:

Firenze, 1486: una serie di omicidi sconvolge la vita della città. Le vittime sono donne appartenenti alla ricca borghesia, e lo spietato assassino sembra ispirarsi all’Allegoria della Primavera, capolavoro di Sandro Botticelli e del suo assistente FilippinoLippi. Su ogni cadavere viene trovato un oggetto che rimanda a un dettaglio del quadro: il ramoscello infilato tra le labbra di una ninfa, il mantello rosso che avvolge la Dea, la ghirlanda di fiori che adorna il collo della Primavera…

Tra passioni e intrighi Leonardo da Vinci, Amerigo Vespucci, Lorenzo il Magnifico, popolano le pagine di questo romanzo colto e raffinato, in cui si combatte l’eterna guerra tra Amore e Morte.

Recensione

Questo libro viene presentato come thriller storico e in effetti ci sono degli omicidi seriali e l’ambientazione è la Firenze rinascimentale. Non è però un thriller alla Jeffrey Deaver, in cui gli omicidi si susseguono in un crescendo di frequenza, fantasia ed efferatezza. Ne I delitti della primavera, né loro né la caccia all’assassino sono, per come ho letto io il libro, il filo conduttore. Più proseguivo nella lettura, più si faceva netta la sensazione che gli omicidi fossero solo una scusa che l’autrice, Stella Stollo, aveva trovato per poter dire alcune cose in maniera più efficace. L’impressione che ho avuto è che nel descrivere la Firenze del 1475, la Stollo volesse mostrare al lettore che per certi cose non siamo cambiati molto. Il libro descrive molto bene alcuni aspetti della vita di quel periodo, e i protagonisti si prestano senz’altro a mostrarne un lato particolare: chi meglio degli artisti riesce a cogliere le sfumature e le contraddizioni? Chi, per definizione, è sensibile ai cambiamenti e aspira a un mondo migliore? L’artista. Il pittore, in questo caso, che non rappresenta solo la realtà per come appare, tenta di riprodurre sulla tela ciò che i suoi occhi vedono, la sua anima percepisce, il suo intelletto conosce. Come i dipinti possono essere ammirati e interpretati a diversi livelli, così questo libro. Io ho scelto, involontariamente, di vederci una raffigurazione della nostra società, in particolare laddove l’autrice descrive il ruolo della donna, i limiti a cui era sottoposta e come veniva descritta e raccontata per bocca degli uomini. Quelli stessi uomini che le amano, che vogliono farsi ammirare insieme alle mogli, donna-trofeo, e che per esaltarne la bellezza comprano loro vestiti costosi e gioielli, gli stessi uomini che però poi ne sono gelosi e le incolpano di essere troppo appariscenti, di cercare lo sguardo altrui, di provocare gli uomini. Loro che però non si negano uno sguardo o un apprezzamento per le altre. Una società in cui donne che osano considerarsi alla pari degli uomini sono definite streghe e rischiano la messa al rogo. Donne che non possono provare passioni, di nessun genere, senza il consenso maschile e che non hanno il diritto di ambire alla felicità, che si devono nascondere e nascondere la loro vera natura, adattandosi a una vita che altri hanno scelto e imposto loro. Siamo sicuri che le cose siano cambiate così tanto da allora?

«Eh già, tutti tanto impressionati. “Chi sarà stato l’assassino?” si chiedevano increduli e impauriti. Peccato che molti tra gli onesti signori e le buone dame che la sera piangevano tanto, il giorno dopo già sparlavano di lei per le strade e per le piazze! Dell’assassino non importava più nulla a nessuno. Che ci era andata a fare piuttosto la signora nel boschetto? E senza il marito! “Ma di sicuro non si sarà appartata da sola”…»

Già cinquecento anni fa se le donne venivano ammazzate era colpa loro, in fondo se l’andavano a cercare…

E poi ci sono gli omosessuali (sempre e solo uomini, perché in una società maschilista l’omosessualità femminile non viene quasi mai considerata). Essere omosessuali è anche peggio, perché da una donna non si aspettano niente, ma da un figlio maschio si aspettano grandi cose. Ed ecco allora che un padre preferisce vedere morto il proprio figlio, piuttosto che felice, seguendo la sua inclinazione. Si parla di Chiesa, della sua ottusità, cecità, degli strali che lancia contro chiunque osi dissentire. Siamo sicuri di non essere simili al 1400 più quanto pensiamo?

La conoscenza della propria intima struttura è un faticoso viaggio in cui l’uomo guida se stesso verso l’apoteosi, in una concezione individualistica della salvezza che non presuppone l’intermediazione del clero. E se venisse ammesso che ognuno di noi è pastore della propria anima, verrebbe minata alle sue basi la ragion stessa d’esistere della Chiesa. (pag 54)

Ecco, questi sono i pensieri che avevo nel leggere il libro. Scritto bene, interessante. L’autrice fa convivere senza fatica alcuna personaggi storici realmente esistiti e altri inventati. Mi sono piaciuti molto i passaggi in cui se descrivevano la creazione dei colori per la tela, le diverse modalità e il vivere da dentro il cambiamento nell’arte, passando dal Verrocchio al Botticelli e poi a Leonardo e ai Fiamminghi, ognuno con le sue caratteristichei. E gli omicidi passano in secondo piano, perché quello che ne emerge è un quadro polisemico, alla stregua de L’allegoria della Primavera, di Botticelli. Ci sono diversi livelli di lettura, ognuno sarò portato e leggere quello che sente più vicino, che non è più o meno vero degli altri.

È anche un libro d’amore, di un amore che non può essere vissuto a pieno, ma non per questo meno intenso:

«Dovete sapere che la radice dell’anemone è un esteso e ramificato rizoma, molto robusto e resistente. Anche se i fiori sono estremamente caduchi, la pianta è perenne e a ogni primavera i suoi fiori rivivono come bianche stelle. Perché quindi non considerarla il simbolo della rinascita e dell’amore eterno che sopravvive oltre la morte?» (pag 118)

Daniela