E fuori vennero i lupi – di Andrea Marzocchi (Augh!)

E fuori vennero i lupi
Andrea Marzocchi
Augh!

Che io ami i thriller non è un segreto. Però sono sempre un po’ scettica sui cosiddetti thriller psicologici.

Non la capisco questa definizione. Che cosa vuol dire? Che uccidono le menti? In un certo senso è così. E credo che sia uno dei generi più difficili da scrivere, perché devi tenere il lettore incollato al libro, senza infilare continuamente morti, senza una storia d’amore che incuriosisca, insomma, puntando tutto sulla psiche del protagonista o del killer, o di entrambi.

Difficilissimo.

Andrea Marzocchi ha centrato in pieno l’obiettivo. Da subito, dalle primissime battute, capisci che è un libro che non puoi mollare. Uno di quello che devi per forza leggere di fila, quasi senza interruzioni, se non quelle fisiologiche.

Stai facendo colazione, da solo.

Da solo tante altre cose, da un po’ a dire il vero.

Te ne stai a casa a lavorare tutto il giorno e alla sola prospettiva ti prende quella sensazione che conosci bene in cui ti senti un escluso: tutto il resto del mondo è fuori ed è altrove che la gente sta, , che succedono le cose. È così che ti sembra.

Un altrove migliore che non ti sarà accessibile, nemmeno se uscirai. Poi ridimensioni, ci riesci, la inquadri come una paranoia.

Alcune strisce di luce si dipingono sul pavimento, filtrano dalla tenda azzurra della finestra. Non è azzurro quel colore, sei già stato redarguito in passato per questa approssimazione cromatica. Ha un nome preciso, è un’altra tonalità, scelta tra mille tutte simili, ma tu non hai mai avuto l’occhio per certi dettagli.

“Sei sempre il solito”.

E non hai bisogno di prendere fiato. L’urgenza di capire, di sapere è più forte di tutto.

Il dove: dove vuoi, sul divano, sul letto, dal parrucchiere.

Il quando: poche ore, appena possibile.

La scrittura di Marzocchi ha alcune particolarità. Una ve l’ho appena mostrata.

Michele, il protagonista, di lavoro fa l’enigmista, nel senso che crea e inventa cruciverba. Con le parole ci gioca di continuo, le gira, le rigira, le anagramma, crea assonanze associazioni. E a molte parole associa un colore. Per lui le parole sono vive.

Marta, la sua compagna, lavora in una libreria, perché di sola fotografia ancora non riesce a vivere.

Ma che cosa succede?

Succede solo che Michele e Marta una sera a cena litigano. Come capita spesso, anche se dicono che non si dovrebbe, vanno a letto senza aver fatto pace. Lui al mattino la cerca nel letto, vuole chiedere scusa. Solo che non è nel loro letto, ma su un materasso nello scantinato.

Perché? Chi lo ha chiuso? Marta, è evidente, ma perché? Che segreto nasconde lui? E quale segreto nasconde lei? E che cosa c’entrano con la sua reclusione? Come ha fatto il passato a raggiungerlo?

Dice che non è più da quelle parti, si toglie dalle palle per un po’.

Dice che è meglio così, anche per te. Dice che ha capito che non si tratta di avere o non avere paura del buio. Tutti ce l’hanno, paura. E prima o poi tutti ci si ritrovano, al buio.

La questione non è avere o non avere paura, ripetono i cristalli liquidi. La questione è far abituare gli occhi.

Un thriller che ti tiene incollato per scoprire il perché. E alla fine un pugno nello stomaco. Anche il modo di svelare tutto, è scritto bene. Marzocchi ha mantenuto lo stile fino alla fine. Un modo di svelare la verità perfettamente in linea con tutto il libro.

Un libro che mantine e supera le promesse e le premesse.

Daniela

Ringraziamo la casa editrice e l’ufficio stampa per la copia digitale