“E’ una donna che vi parla, stasera” di Alba de Céspedes (Mondadori)

“È una donna che vi parla, stasera” è un libro che raccoglie scritti di Alba de Céspedes tra il 1943 e il 1945, curato da Valeria Paola Babini per Mondadori e pubblicato negli Oscar Cult a settembre 2024.

Di Alba de Céspedes abbiamo recensito “Quaderno proibito”, “Dalla parte di lei”, “Nessuno torna indietro”.

Cos’è “È una donna che vi parla, stasera”

“È una donna che vi parla, stasera” raccoglie pagine di diario, lettere, veline per la radio e articoli che la scrittrice Alba de Céspedes ha scritto fra il 1943 e il 1945. In 180 pagine (più sessanta di prefazione della curatrice) ascoltiamo la voce di un’Italia che soffre, piange e soprattutto si arrabbia, odia, vuole reagire e riprendersi i propri diritti inalienabili.

Sembrano non esistere registrazioni della trasmissioni radio, ma possiamo ascoltare la voce di Alba de Céspedes in interviste come questa.

Punti di forza.

Il libro è come diviso in due grandi momenti.

Nella prima parte abbiamo le pagine di diario della fuga in Abruzzo di Alba e del compagno Franco Bounous, diplomatico italiano.

Già incarcerata nel 1935 con accusa di antifascismo, dopo il 1938 aveva subito nuovi tentativi di censura fascista a causa del suo romanzo “Nessuno torna indietro”. Per esempio, l’assegnazione del premio Viareggio era stata annullata e la ventunesima ristampa del romanzo, nel 1941, era stata bloccata. Le ambizioni delle protagoniste di realizzarsi al di fuori della famiglia non erano in linea con la propaganda fascista. Mondadori per fortuna eluse la censura, continuando a stamparla ma scrivendoci sopra sempre “ventesima edizione”.

Questa era la situazione di Alba de Céspedes nel 1943, anno in cui inizia una nuova guerra per il popolo italiano, con l’annuncio dell’armistizio segreto tra l’Italia e l’America contro la Germania nel famoso 8 settembre. Lei e il compagno Franco Bounous decidono allora di allontanarsi da Roma, in Abruzzo; presto l’obiettivo diventa mettersi in salvo oltre la linea Gustav, nella parte di Italia in cui c’erano gli Alleati.

“E io sono molto contenta perché lavoro per il mio Paese e non ho mai fatto piangere nessuno e perciò sono in pace con me stessa. È allora che provo un po’ di compassione, pensando a te, Benito Mussolini”

Nella seconda parte abbiamo le veline delle trasmissioni in radio, che Alba stessa ha conservato. In molte trasmissioni la scrittrice ricorda quei quaranta giorni tra i boschi, tra le difficoltà, gli alloggi arrangiati, il freddo, gli abiti lisi e insufficienti. Gli abruzzesi, racconta, erano rapinati e umiliati, ma avevano in corpo ancora il coraggio di essere gentili e offrire un pezzo di pane con l’olio.

Prima a Radio Bari e poi a Radio Napoli, sotto il nome d’arte di Clorinda Alba de Céspedes diventa esplicita, incita all’odio, al sabotaggio. Come dice Valeria Paola Babini nella prefazione, dà vita a un personaggio che ancora non aveva trovato posto nei suoi romanzi. Clorinda dà precise istruzioni agli impiegati, alle telefoniste, ai ragazzi di strada. Tutte le sue trasmissioni raccolte in questo libro trasudano bisogno di rivalsa, ribellione all’ingiustizia, alla violenza subita in ventidue anni di fascismo.

La fuga attraverso i boschi l’ha cambiata per sempre.

“Non c’è che una sola Italia, seppure divisa al modo di quelle medaglie spezzate che si scambiano gli innamorati”

La sorpresa più grande l’ho avuta leggendo questi toni cospiratori, di un’Alba de Céspedes che conoscevo come fiume che lima la pietra, sommesso e invisibile.

Come dice la curatrice nella prefazione, la forza nel discorso di Alba de Céspedes è in quel “noi” reiterato dai discorsi in radio. Noi che aspettiamo un ritorno a casa, noi che sogniamo il nostro. Noi che abbiamo fame, noi che non possiamo non lavorare, pur in un sistema che rifiutiamo.

“Non lo credevamo, sul principio: come certi negri schiavi in America, che non conoscevano la libertà, e quando l’ebbero, non sapevano come usarla ed erano impacciati e restii”

“È una donna che vi parla, stasera” è la documentazione preziosissima e struggente di un biennio in cui l’Italia è rimasta come sotto le ceneri, in attesa di tornare ad ardere.

Cristina Mosca