Eroi della frontiera – Dave Eggers

Eroi della frontiera

di Dave Eggers

Edizioni Mondadori

Dal sito dell’editore

Josie ha trentotto anni ed è felice, quella sera. In un camper al buio, con i suoi due bambini e i boschi sconosciuti attorno. Sa che la sua è una felicità passeggera, e che tutto è sbagliato. Non dovrebbe essere in Alaska, una zona del paese che è America ma anche non lo è, è il luogo dell’oblio e dei viaggiatori erranti. Non dovrebbe trovarsi in un’anonima casa a quattro ruote, senza telefono e con in tasca solo contanti. Irrintracciabile. Era una dentista e non lo è più. Il padre dei suoi figli l’ha lasciata. Ha una causa legale alle costole e un rimorso che la tormenta. Credeva in un paese che non esiste più, cancellato dalla durezza della crisi economica. Così Josie si è ribellata: ha preso i suoi figli (sequestrati, si potrebbe dire, all’insaputa del padre), li ha caricati su un camper e sono partiti, senza un piano. Paul, otto anni, “gli occhi freddi e premurosi di un prete glaciale”, più assennato di sua madre. Ana, cinque anni, “una minaccia continua al contratto sociale”, un animale con gli occhi verdi e “la capacità di individuare l’oggetto più fragile in qualsiasi stanza e romperlo con incredibile alacrità”. E ora puntano dritti verso l’Alaska. Un genitore non dovrebbe prima di tutto tenere i figli alla larga da pericoli inutili e traumi evitabili? Invece lei li ha trascinati in Alaska, che non è per niente un luogo magico dall’aria cristallina, ma un posto soffocato dalla caligine di decine di incendi dispersi per tutto lo Stato come galeotti in fuga. Ma è anche la terra degli eroi, e Josie ha bisogno di trovarne uno: trovatemi uno coraggioso, un ardito, chiede agli alberi scuri. Trovatemi uno che non si tira indietro. Dave Eggers torna a raccontare, con la struggente tenerezza e lo humour del suo romanzo d’esordio, l’America contemporanea e quel che resta di una famiglia disastrata che si mette in marcia verso la frontiera. E in più la luminosa e quasi utopistica fiducia, nonostante tutto, che qualcosa di simile all’originario sogno americano esista ancora, da qualche parte sotto il ghiaccio.

Recensione

C’è la felicità appagata, la felicità che nasce da un lavoro ben fatto alla luce del sole, da anni di sforzi proficui, quella che dopo lascia stanchi e contenti, circondati da familiari e amici, pieni di soddisfazione e pronti al meritato riposo: sonno o morte che sia.

E c’è a felicità della tua catapecchia. La felicità di essere sola, e sbronza di vino rosso, sul sedile del passeggero di un camper decrepito, parcheggiato chissà dove nel profondo sud dell’Alaska, a fissare uno scarabocchio nero di alberi, con la paura di andare a dormire perché temi che da un momento all’altro qualcuno sfondi la serratura giocattolo della porta del camper e uccida te e i tuoi due figlioletti che dormono in cuccetta.

 Inizia così il libro di Eggers, e il prosieguo è tutto lì: nella ricerca della felicità all’interno ci un camper che cade a pezze e soprannominato lo Chateau, il castello.

Josie è madre di due bambini, Paul e Ana, di 8 e 5 anni, molto diversi tra di loro: lui riflessivo, responsabile, lei incapace di non farsi male e con in grado di rompere qualsiasi cosa. Josie è una dentista che ha abbandonato il suo studio a seguito di una denuncia, è partita coi figli, all’insaputa dell’ex compagno, cercando di lasciare dietro di sé il ricordo doloroso di Jeremy, una ragazzo della cui morte si ritiene responsabile.

Ma far conoscere la fragilità di un genitore è poi così terribile? Forse bisognerebbe farla conoscere da subito, così si evita uno shock maggiore in seguito. Stiamo meglio quando ci aspettiamo la tragedia, la calamità, il caos.

Il suo viaggio è una fuga dal passato, alla ricerca di una felicità impossibile da definire, ma è certa che quando la incontrerà la riconoscerà. Una donna disillusa, ferita, senza reali progetti per il futuro e con problemi di alcol. Durante la prima parte del viaggio sembra incapace di pensare veramente al bene dei suoi figli, la guida una necessità interiore, il bisogno di mettere quanti più chilometri possibile tra loro e la vita precedente.

Prese la penna e cominciò a scrivere e poi, per la prima volta, ebbe la sensazione familiare di fare una scelta contraria al bene dei bambini. Sapeva che i figli avrebbero preferito restare lì, con Zoe e Becca, imparare da loro, idolatrare i loro modi gemellari più adulti, e usare impianti idraulici normali, essere liberi, per una volta, dagli oscure pericoli dello Chateau.

Ospite della sorellastra, scapperà anche da lei, per approdare in un altro posto da cui se ne andrà in fretta e furia, e così avanti, in un viaggio puntellato da momenti di serenità e spensieratezza, in un fuga costante non solo dal passato e dai fantasmi, ma anche dai reali e ben tangibili incendi che devastano l’Alaska. Incontrerà persone persone diversa, alcune più soddisfatte ed equilibrate di altre; riuscirà a un certo punto a esprimere, tramite strumenti musicali e voci altrui, il suo brusio interiore, il dolore acuto e la confusione, in un tripudio di suoni, urla di libertà e movimenti catartici. Sarà un momento liberatorio e un punto di non ritorno. Sentire la propria voce interiore, le permetterà di andare avanti, ma non di sentirsi completa e realizzata, ‘solo’ più consapevole.

Non aveva bisogno di altra musica, ma aveva bisogno di fare qualcos’altro, di vedere qualcos’altro, e aveva bisogno di rendere i suoi figli più coraggiosi e più forti muovendosi. Non poteva garantire che cosa avrebbe voluto fare o vedere in futuro, e sperava che i figli le perdonassero quella mancanza di certezze, quella domanda mai appianata nella loro vita, quella assenza di limiti che aveva il potere di renderli impavidi, totalmente indomabili, o paralizzati dalla paura.

Eggers ci porta in un ambiente selvaggio, a contatto con animali e natura, con la bellezza della vita, la dura legge del più forte e la forza distruttrice e devastante degli incendi. Ci mostra le debolezze di una donna che aveva raggiunto la stabilità economica, che aveva una famiglia apparentemente solida, ma un compagno sbagliato, un vigliacco, come lo definisce lei. La difficoltà di restare in piedi da sola, con le sue sole forze, la necessità di soccombere per sopravvivere. Un viaggio alla ricerca di sé, di un posto dove stare, ma senza fine, perché nessun posto può essere perfetto per sempre.

Daniela