
Essere rosso è una storia di famiglia. Ed è la storia del tramonto di un’ideologia, la disillusione di un’utopia, un mondo che avrebbe potuto essere, ma che non è stato.
Arguello ci racconta le sue origini, i suoi avi, i nonni, i suoi genitori, come e quando si sono conosciuti. Ci racconta di sé, del trasferimento dall’Argentina al Cile di Pinochet. Ci parla di un mondo che non esiste più, che non sapremmo immaginare nuovamente.
E lo fa confondendo i piani temporali, andando avanti e indietro, confondendo un po’ il lettore. A volte parla in prima persona, come se fosse sua madre o suo padre. Arguello riesce a portare il lettore nella storia: lo porta con sé sul treno che attraversa l’ex Unione Sovietica, in un viaggio kafkiano, o per le strade di Santiago del Cile, quando il padre trasporta persone per aiutarle a mettersi in salvo presso le Ambasciate e poi si ferma a raccogliere i libri abbandonati in mezzo alla strada. Rischiando la vita.
Gli chiedo come mai non se ne andò.
[…]
Che potevamo fare, mi dice, probabilmente pensavamo fosse la cosa giusta.
Perché a Santiago del Cile, nel 1973, si può morire anche solo per il possesso di un libro.
Scopriamo così che ad esempio il Cile è sempre stato un paese democratico, tendenzialmente governato dalla destra, ma in cui chiunque poteva manifestare ed esprimere il proprio parere.
Fino alla vittoria di Allende. A quel punto, complici gli Stati Uniti che temevano la diffusione del comunismo, ci fu il colpo di stato di Pinochet con la conseguente dittatura.
La democrazia andava bene finché ciascuno restava al proprio posto. Per i ricchi e la classe media non era tollerabile che i poveri avessero di colpo accesso a un potere reale.
Viaggiamo con Arguello e coi suoi genitori nel Sud America degli 60 e 70, e nell’ex URSS, che alle soglie del Duemila sembrava ancora una cartolina anni Ottanta. Arguello ci mostra come il mondo cambi in fretta e come si tenda a identificare il nemico con la destra o la sinistra, quando in realtà il nemico è il potente, colui che non guarda in faccia nessuno, pur di mantenere il comando e “avere ragione”.
Ci racconta tutto in maniera semplice, presentandoci un sacco di persone più o meno conosciute, molte delle quali, purtroppo, perderanno la vita perché dissidenti o semplicemente non d’accordo.
Se ci pensiamo adesso ci sembra assurdo, eppure ai tempi era la normalità. Chi di noi ha vissuto la Guerra Fredda, sa quanto fosse assurda, eppure permeava quasi tutto. Fino a che non ha iniziato a sciogliersi: il comunismo ha perso, ha vinto il capitalismo.
Assurdo anche pensare che i delitti di Pinochet potessero rientrare nelle funzioni di un Capo di Stato, eppure si è rischiato che così venisse dichiarato.
Un libro che con la scusa della storia familiare, ci racconta il nostro passato più recente: dittature, golpe, barbudos, rivoluzionari, muro di Berlino, URSS e tanto altro. Le storie dei paesi che si intrecciano con la storia personale.
Un libro nostalgico. Nostalgia per un futuro che potrebbe essere, ma che non sappiamo se sarà. Essere rosso perché non c’è alternativa, perché è l’unica strada per sopravvivere. Essere rosso perché si crede nella parità di diritti, nel fatto che questa terra ce l’abbiamo in prestito dai nostri figli e nipoti, perché non c’è ragione per uccidere un nostro simile, men che meno il difendere i propri privilegi.
È questa la grande lezione lasciataci in eredità dalla generazione dei miei genitori: finché restiamo gli stessi, non possiamo sperare che il mondo sia diverso, perché siamo noi a dare forma al mondo. Se vogliamo davvero produrre un cambiamento, per prima cosa dobbiamo iniziare da noi. E iniziare da noi significa iniziare ciascuno da sé stesso.
Un libro consigliato a chi vuole rispolverare un po’ del passato prossimo, a chi non crede nelle ideologie, ma nelle buone azioni delle persone, a chi vuole viaggiare nel tempo e nello spazio, stando comodamente seduto, al caldo e senza il timore di essere prelevato perché sta leggendo un libro proibito. A chi ancora crede che esista “la cosa giusta da fare“.
Un libro che ci dice molto e che, soprattutto chi non ha vissuto quegli anni, dovrebbe leggere per capire l’atmosfera, come si viveva. O non si viveva.
Un libro che ci parla della fine di un sogno, ma che ci dice anche che i sogni non finiscono, che dobbiamo continuare a sognare. E iniziare il cambiamento da noi stessi, perché quello che è stato non sia inutile.
Un libro, in sintesi, da leggere e tenere nella propria libreria.
Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea