Etica dell’Acquario – di Ilaria Gaspari

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Etica dell’acquario

di Ilaria Gaspari

Edizioni Voland

Dal sito dell’editore:

Gaia è bella, egocentrica e infelice. Un giorno di novembre torna nella città in cui ha studiato, dopo un’assenza di dieci anni. A Pisa niente sembra cambiato, invece è cambiato tutto. Gaia ritrova gli amici di una volta e il suo amore dei tempi dell’università; ma a dividerli ci sono, ora, gli anni passati lontani e la morte di una compagna di studi, Virginia, avvenuta in circostanze oscure. L’inchiesta sul misterioso suicidio si snoda fra le vie della città e i collegi della Scuola Normale, fra ricordi sepolti e ossessioni che vengono alla luce. 

Recensione

“Per molto tempo ho creduto di dover dimenticare Pisa. Invece, dopo ogni fuga, finivo sempre per tornare.”

Inizia così Etica dell’acquario. E poche righe dopo: “io ero spaventata. Come se tutte le ossessioni che avevo cercato a poco a poco di erodere negli anni fossero tornate a tormentarmi, e mi rendevo conto di non aver dimenticato niente.”

Il libro in qualche modo è racchiuso in queste poche righe. Gaia ritorna a Pisa, dove ha studiato e dove ha vissuto quattro anni della sua vita, i più intensi, i più belli, i più significativi, ma anche i più dolorosi.

Ilaria Gaspari ci dice subito che non è stato facile, che è stato molto faticoso, e un po’ per volta ci svela quali sono stati gli avvenimenti che hanno segnato così tanto la protagonista.

Il perché del suo ritorno a Pisa ci viene detto subito: il suicidio di una sua compagna di corso. E si ritrovano lì in quattro. I quattro rimasti di un gruppo di cinque amici, più la suicida, che ha reso gli anni a Pisa “un incubo” per Gaia.

È un libro pieno di ansia, di chiari e di scuri, in cui la felicità è sempre minacciata da un’ombra cupa, indefinibile. L’autrice svela la “verità” centellinandola, un pezzo alla volta, in continui flashback di due passati diversi e ritorni al presente. Ci racconta della vita a Pisa, in cui lo studio non per tutti era matto e disperatissimo, ma dove la bellezza era una colpa e vigeva la regola del sospetto. Gli studenti erano come i pesci nell’acquario, pronti a mangiarsi l’un l’altro per sopravvivere, nessuno scrupolo ad annullare personalità o seminare dicerie per denigrare un compagno o una compagna temuta.

In questi quattro anni Gaia si innamora ed è un amore profondo, totale; ma succedono anche altre cose che la segnano profondamente e che influenzeranno la sua vita e di cui non riesce a liberarsi. C’è stato un suicidio, ci sono state le attenzioni moleste di una compagna, la cattiveria delle persone.

“Dall’acquario stavamo per essere liberati, autorizzati finalmente al mare aperto…” . Molto atteso il giorno dei diplomi, giorno in cui finalmente possono entrare nel mondo reale, in cui posso lasciarsi alle spalle l’acquario e vivere veramente. Ma ben presto Gaia scopre che in fondo l’acquario, a modo suo, era protettivo e che vivere nel mare aperto non è così facile né così entusiasmante come credeva. Ed eccola allora che cerca di costruirsi il suo, di acquario, in cui sopravvivere. Ma non basta. Che cosa succede quando dal nuovo acquario torni a quello vecchio? O quando elementi del primo si insinuano nel secondo? Come fai a sopravvivere? A respirare?

Etica dell’acquario è un libro vivo, in cui le emozioni erompono dalle pagine o strisciano sulla pelle, come l’angoscia, che permea tutto. L’incapacità di Gaia di essere felice, di godersi il momento. Il continuo rimuginare su eventi passati, in maniera distruttiva. La felicità perduta e la speranza di poterla afferrare nuovamente, alternata alla consapevolezza di essere causa della propria infelicità.

È un libro intenso che mostra la difficoltà di vivere di alcune persone, di essere felici. L’impossibilità per loro di convivere con gioia e felicità, la necessità di scegliere l’una o l’altra. L’autrice racconta l’amore, lo studio, l’amicizia e il suicidio, l’incapacità degli amici di prevedere il gesto estremo. Mostra vittima e carnefice in un’alternanza di ruoli da cui nessuno esce vincitore, entrambi perdono, costringendosi a una vita che non  appartiene loro, a restare legati al passato e non lasciarsi andare al flusso. Ognuno con le sue ossessioni, ognuno dando la colpa all’altro. Entrambi incapaci di uscire dal ruolo.

Daniela