Goliarda Sapienza “Lettere e Biglietti”

(La Nave di Teseo)

a cura di Angelo Pellegrino

Amo Goliarda Sapienza e non ne faccio mistero.

Ho atteso questo libro come si attende un regalo importante. E le mie speranze non sono state disattese. Ogni parola è una gemma preziosa incastonata sulla pagina. Conosco la scrittura di Goliarda perché l’ho amata in ogni sua forma e anche soltanto sentir parlare di lei mi incanta.

Ma qui è come entrare scalzi in un luogo intimo, proibito, queste sono le parole che indirizzava ad amici e conoscenti. C’è un timore reverenziale nello sfogliare ogni pagina e ritrovarvi lei, sincera come è sempre stata, vera e appassionata, pura.

Ho divorato le centinaia di pagine che compongono il volume, e non poteva essere altrimenti, tanta era l’ansia di sapere cosa avrebbe scritto Goliarda al destinatario successivo.

Entrare negli angoli più nascosti del suo essere amica, compagna, collega, è come aprire uno scrigno, un portagioie sul suo comò e sbirciare fra le parole che le appartengono.

Ma una premessa è doverosa.

Goliarda Sapienza, nasce a Catania negli anni del fascismo da una famiglia tutt’altro che convenzionale: i genitori vivono in libera unione, tre fratelli da parte di padre e quattro da parte di madre, cresce trascorrendo i pomeriggi fra scogli, pietra lavica e i film di Jean Gabin al cinema Mirone.

Lasciata la scuola si trasferisce a Roma per studiare recitazione e lavora in teatro e al cinema col compagno Citto Maselli. Dopo la morte della madre si dedica alla scrittura e con il romanzo “Lettera Aperta” entra nella dozzina del premio Strega.

Ma il romanzo a cui tiene di più, “L’arte della Gioia” non riesce a pubblicarlo perché è troppo scandaloso e nessun editore sembra disposto a rischiare.

Ruba dei gioielli in casa di un’amica per protesta contro il sistema ma viene arrestata e portata a Rebibbia, dalla cui esperienza pubblicherà “L’università di Rebibbia”.

Morirà senza conoscere le sorti della sua amata protagonista, Modesta, che dopo aver visto la luce con Stampa Alternativa, avrà grande successo in Francia e in Germania e sarà allora accolta con i giusti onori anche in Italia.

Questo volume, data la vita incredibile di Goliarda, è ovviamente denso di conversazioni con personaggi autorevoli del panorama italiano, personalità del cinema e del teatro (Visconti, Wertmuller, Blasetti, Maselli, Fellini), della letteratura e dell’editoria (Hikmet, Enzo Siciliano, Putasso), della psichiatria (Majore), della politica (Pertini), della moda (Spagnoli e Marzotto).

Ma da tutte le lettere è lei che emerge, il suo essere tutto fuorché mondana, sempre coerente con se stessa, viva, la sua figura di donna scompare quasi di fronte alla grandezza di ciò che, in quanto autrice, rappresenta.

La libertà non è una conquista scontata ma spesso una battaglia solitaria. Ricco e succoso questo volume è da disvelare con parsimonia, ritornando sulle pagine più intense. In una sola parola: Imperdibile!

Estratto:

(Munevver Hikmet) …ho bisogno della mia parte di tristezza e anche di dolore, anzi ho diritto al dolore perchè solo da esso comprendo cosa sia la gioia. Come ho bisogno della morte per capire che sono viva. Che cosa sarebbe la nostra vita sempre giovani e senza il traguardo della morte che ci fa prezioso ogni momento che riusciamo a strapparle? Sarebbe la beatitudine degli angeli. Che non mi interessa, non interessa il mio corpo fatto di materia feribile e destinato al decadimento.

Citto caro,

dovrei scriverti, ho avuto adesso il tuo espresso con il bel disegnino, me lo sono trovato improvvisamente davanti, inaspettato e commovente, tirando fuori la lettera dalla busta, caro, dovrei proprio scriverti ma non me la sento, ho voglia di vederti, di parlarti, e non di scriverti. Sono opaca e vuota, e non so cosa dirti, ho anche paura di rattristarti, non so come fare. Ho cercato di vedere gente, di “distrarmi” – come dicono – , visto che leggere e studiare mi stancano tanto, ma è assolutamente inutile, non mi “distraggo” affatto, mi… “disgusto” solamente.

Goliarda Sapienza

L’autrice:

Goliarda Sapienza nacque a Catania da famiglia socialista rivoluzionaria. A partire dai diciassette anni visse a Roma, dove studiò all’Accademia di Arte Drammatica. Negli anni Cinquanta e Sessanta recitò come attrice di teatro e di cinema lavorando, tra gli altri, con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli.

Al suo primo romanzo, Lettera aperta (1967), seguirono Il lo di mezzogiorno (1969), L’Università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987) e, postumi, L’arte della gioia (1998, 2008 e 2009), Destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011), La mia parte di gioia (2013), le raccolte poetiche Siciliane (2012) e Ancestrale (2013), Elogio del bar (2014), Tre pièces (2014) e il romanzo Appuntamento a Positano (2015). In suo nome è stato istituito il premio letterario Goliarda Sapienza “Racconti dal carcere”.

Dal sito dell’editore

Lettere e biglietti ci offre una nuova voce di Goliarda Sapienza, dopo quella dei romanzi autobiografici, dell’Arte della gioia e dei Taccuini.

Sapienza scriveva lettere anche lunghissime, magari il giorno stesso di un incontro, col fine di chiarire quanto neppure una conversazione a quattr’occhi potesse farle sperare: credeva nella forza del documento scritto e prima di inviarlo ne faceva sempre una copia.

Su questi testi si basa questa raccolta inedita, che copre un arco di più di quarant’anni del Novecento, dagli anni cinquanta fino a qualche mese prima della morte, avvenuta nel 1996.

La scelta delle lettere racconta momenti cruciali dell’esistenza e del pensiero dell’autrice, soprattutto i legami con le persone che più hanno contato nella sua vita (Citto Maselli, Luchino Visconti, Attilio Bertolucci, Sandro Pertini, Munevver Hikmet, Marta Marzotto e molti altri), in una corrispondenza epistolare attraverso cui leggere il romanzo della vita di Goliarda Sapienza.