Il grisbì, di Giovanni Bertani

Bertani copertina

Il Grisbì

di Giovanni Bertani

Edizioni Forme Libere

Trama (dal sito dell’editore)

Bobby Lago, contrabbandiere uscito di prigione sulla soglia della cinquantina, conduce una vita onesta, ma priva di significato. Perseguitato dai conti da pagare e dall’ombra del ricordo di colui che era stato, è ormai rassegnato a un destino solitario e malinconico. Una mattina la sua esistenza immobile viene sconvolta da un rapinatore ben vestito che fa coppia con una donna dal naso impertinente, molto abile con le pistole. Scambiato per un complice, non gli resta che darsi con loro alla macchia. Quella che doveva essere una semplice fuga, si trasforma ben presto in una lotta estenuante. Inseguiti sia da poliziotti corrotti che da trafficoni senza scrupoli, rapinati a loro volta, estranei fino al giorno prima, ben presto comprendono di non avere scampo se non trasformandosi nei peggiori tra i peggiori. Da inseguiti si fanno inseguitori, da colpevoli giudici e, infine, esecutori spietati. Sullo sfondo dei loro destini incrociati c’è un mondo dominato da violenza e sopraffazione, governato da odio e desiderio di vendetta. Cinico e disincantato, sedotto dal desiderio di una vita migliore e a suo modo idealista, Bobby Lago è un duro e puro. Alla fine ritroverà l’uomo che era, ma dovrà fare i conti con la sua solitudine e con un passato ossessivamente presente che non lascia scampo neppure ai peggiori.

Recensione

Questo libro mi ha colpita fin dall’inizio. Sicuramente complice l’atmosfera Anni ’30 negli Stati Uniti e la presenza di personaggi quali Jack lo Sciccoso. Come può non piacere? Sembra uscito da uno di quei film in bianco e nero, con i personaggi sempre ben pettinati e stirati. Leggendo il libro poi ti accorgi che non c’è un’ambientazione definita dei luoghi che ti faccia dire “Ah, sì, lo conosco”, “ci sono stata” o “ne ho sentito parlare!” Eppure è come se il luogo fosse mille luoghi, e il periodo storico non è importante, potrebbe essere ieri o ottant’anni fa (nonostante le apparenze, il libro non è ambientato negli anni ’30, ma in un periodo ben più vicino a noi).

I personaggi sono reali quanto quelli dei film in bianco e nero di cui dicevo prima. Non conosci nessuno così (io almeno no), ma ti piacciono. Ti piace la loro storia, magari i dialoghi a volte ti sembrano un po’ troppo da film, ma questo è il fascino. E non lo dico con ironia, veramente. Per tutto il libro mi sono immaginata lo Sciccoso, Bobby Lago e la Bella che si muovevano su una pellicola in bianco e nero.

Non se lo fecero ripetere due volte e siccome erano due persone educate, per prima cosa gettarono i bicchieri nell’acquaio, poi afferrarono la borsa con il grisbì e se la diedero a gambe. La bella dello Sciccoso, per andare più alla svelta, scalciò via i sandali con il tacco dodici e si mise a correre a piedi nudi, stringendo in pugno la mia pistola. Jack spalancò la porta che dava direttamente sul retro e la lasciò passare.

Già il titolo: Grisbì, per indicare il malloppo, non lo sentivo da almeno vent’anni. E poi le atmosfere, i termini e gli ambienti chiusi che ti immagini mal illuminati e con la foschia causata dal fumo. I bar sono sempre mal frequentati da gente ben vestita.

La storia è ben articolata, non si capisce mai chi sono i buoni e chi i cattivi, o meglio: chi è un po’ più onesto tra i ladri. I soldi rubati passano da una mano all’altra, in una serie di corsi e ricorsi ben congegnati, degni dei migliori maestri. Il protagonista, Bobby, ruba, uccide, picchia, non ha una gran considerazione delle donne (non lo dice, ma è evidente), eppure speri che ce la faccia, perché alla fine lui, quello che non lascia indietro e non abbandona nessuno, sembra un bravo ragazzo.

Ci sono fughe, che diventano inseguimenti e poi di nuovo fughe, su strade deserte e assolate, in un continuo alternarsi di gioco delle parti. Nessuno è quello che sembra, ognuno ha i suoi scheletri nell’armadio e alla fine vince chi è più furbo e fortunato.

Per recidere sul nascere ogni tentazione alla riapparizione sul palcoscenico della retta via, avevo buttato a mare ogni possibile documento che mi avrebbe potuto identificare con quello che ero stato: carte di credito, polizze assicurative, libretti degli assegni e tutte le altre fregature che mi erano state rifilate nella soporifera parentesi di onestà intercorsa tra la mia scarcerazione e quel sabato mattina.

E alla fine il cerchio si chiude, che piaccia o no.