“Guerra e pace” – di Lev Tolstoj (Feltrinelli)

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Sì, avete letto bene, sto per imbarcarmi in un’impresa assurda: recensire “Guerra e pace”. Lev Tolstoj è un uomo che mi ha fatto fare pace con la letteratura russa. “Anna Karenina” alcuni anni fa mi ha mostrato un tipo di narrativa che riesce a essere allo stesso tempo monumentale e scorrevole e questo mi ha totalmente coinvolta.

Ho quindi deciso di affrontare “Guerra e pace” (1377 pagine in edizione Feltrinelli) grazie alla #maratonarussa di Leggoquandovoglio: una lettura condivisa scandita settimanalmente da giugno a settembre e commentata di settimana in settimana nel gruppo Telegram dedicato. È stato un percorso per me interessantissimo e stimolante. Adesso posso dichiarare apertamente di amare Tolstoj, perfino quando fa il bacchettone.

Cos’è “Guerra e pace”

Inizialmente l’autore stesso aveva definito “Guerra e pace” un’epopea, ma poi ha ritrattato questa definizione senza riuscire a trovarne un’altra. Certamente definirlo romanzo è riduttivo. Tolstoj lo terminò a 41 anni e lo scrisse fra il 1863 e il 1869, all’inizio del matrimonio con Sofija (Sonja) Andreevna Bres, appena diciottenne. Sonja lo redasse sette volte ed era entusiasta del privilegio che godeva. Il loro rapporto si può intravedere nell’amore che uno dei personaggi nutre per la giovane, umile, vulnerabile Natàša.

All’inizio del primo libro abbiamo la panoramica di alcuni dei 559 personaggi (non li ho contati io) che accompagneremo per i successivi quattro tomi + epilogo. Capiamo di essere in Russia, in un salotto (la “pace”) nel 1805 e vediamo muoversi interessi, noie, ambizioni, progetti matrimoniali.

In sostanza, gli eventi raccontati dal libro seguono alternativamente i vari personaggi partiti per la guerra e quelli rimasti.

Arriviamo fino al 1820 circa, concentrandoci soprattutto sulla battaglia di Austerlitz e sulla campagna napoleonica di Russia del 1812.

Punti di forza

Uno dei motivi per cui ho letto “Guerra e pace” con grandissimo interesse è per seguire l’intreccio. La trama che sarà delineata con esattezza in “Anna Karenina” nel 1878, in “Guerra e pace” è invece tentacolare, seguiamo molti personaggi, ma non l’ho trovato troppo dispersivo. Ci sono amori insidiati dalle distanze, c’è l’ebbrezza della battaglia, ci sono la sete di gloria e l’incendio glorioso di Mosca.

Ognuno dei quattro libri di “Guerra e pace” inizia con riflessioni profonde sui meccanismi della Storia e del Tempo. Tolstoj insiste parecchio sui fattori estremamente umani che incidono sulle sorti di una guerra e smonta l’idea che qualcuno, tanto meno Napoleone, possa essere dotato di un genio militare. Lo scrittore preferisce parlare di concatenazioni di fatti, eventi, disordini e fragilità molto simili al funzionamento di un orologio: in poche parole, non ci si può fare niente.

“Spalancò gli occhi per cercar di vedere come si fosse conclusa la lotta dei francesi con gli artiglieri, e sapere se l’artigliere dai capelli rossi era stato ucciso o no, e se i cannoni erano stati catturati o messi in salvo. Ma non vide nulla. Sopra di lui non c’era già più nulla se non il cielo: un cielo alto, non limpido e tuttavia di un’altezza incommensurabile, con grigie nuvole che vi fluttuavano silenziose.”

L’introspezione non è quella arrovellata di Dostoevskij ma è pulita, palese e mostrata. Seguiamo una figlia nei suoi sensi di colpa per aver desiderato la morte del padre autoritario, ormai perso nella demenza senile. Assistiamo alla crisi mistica di un uomo ingenuo e buono, alla trasformazione di un burbero, alla maturazione di una donna vanesia.

Tolstoj era molto vicino al popolo e si è interessato alla pedagogia. Ha dedicato una parte della sua produzione e della sua attività alla formazione dei contadini, aprendo anche scuole a loro dedicate.

Ecco, io quando leggo Tolstoj mi sento accolta, condotta per mano, e allo stesso tempo sento che la mia intelligenza è rispettata.

Però, però, però…

Andiamo a cercare il pelo nell’uovo.

Il primo disagio che una ex studentessa di lingue germaniche può incontrare è che la nuova traduzione Feltrinelli 2014 di Gianlorenzo Pacini riporta integralmente le numerose parti in Francese senza riferirle in Italiano. Invece la lettura di Moro Silo su Audible le dà anche in Italiano (con grande gioia dell’ex studentessa che stava perdendo la vista su Google Translator).

Il secondo disagio, connaturato alla letteratura russa, nasce in questa abitudine di dare patronimici e soprannomi diversi allo stesso personaggio, e peggio ancora chiamarlo solo con il titolo. Così per diverse pagine non capiamo quale principessa stia morendo o quale duchessa sia indignata.

“Ogni uomo vive per sé stesso, si serve della sua libertà per ottenere i propri scopi personali e sente con tutto il suo essere che in qualsiasi momento egli è libero di fare o non fare una certa azione; ma, dal momento in cui la compie, quella sua azione, compiuta in un determinato momenti di tempo, diventa irreversibile ed entra nel dominio della storia in cui essa assume un significato non libero, bensì predeterminato”.

Il terzo disagio può sopraggiungere per alcune parti in cui ci si dilunga in una metaforica partita di caccia o nell’iniziazione alla massoneria, ma queste parti sono adeguatamente compensate dai racconti di guerra, che mai avrei immaginato potessero interessarmi tanto.

Mettete in conto che la seconda parte dell’epilogo è una lunga riflessione sulla Storia e sulla libertà dell’uomo. Se quando ci arrivate siete stanchi, potete rimandarla a un secondo momento, perché sono delle considerazioni che vale la pena di leggere senza fretta.

“Guerra e pace” è uno di quei romanzi da cui non si vorrebbe uscire mai. Un viaggio lunghissimo e appassionante.

Cristina Mosca