I cento pozzi di Salaga – di Ayesha Harruna Attah (Marco y Marcos)

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” I cento pozzi di Salaga”,
di Ayesha Harruna Attah,
Marcos y Marcos 2019

Con “I cento pozzi di Salaga” (Marcos y Marcos 2019) la scrittrice ghanese Ayesha Harruna Attah porta avanti la necessità di un intero popolo di raccontare la propria storia. Figlia di due giornalisti dalla mentalità molto aperta, come spiega una delle bandelle editoriali, per scrivere questo romanzo ha intercettato il “ricordo di una trisavola venduta come schiava sul mercato di Salaga nel Ghana precoloniale negli anni cruciali dell’aggressione europea”.

“I cento pozzi di Salaga” narra in parallelo di due donne dalle caratteristiche e i natali opposti. Wurche è una principessa dallo spirito indipendente e dalle fattezze mascoline, mentre Aminah è una schiava silenziosa e molto bella. Il popolo di origine di Wurche è minacciato e lei, sposata per contratto, forse aspetta un figlio illegittimo. Riesce a ottenere di restare con la sua famiglia finché il bambino non imparerà a camminare. Nel frattempo decide di portare con sé Aminah perché scopre che è stata acquistata dall’uomo di cui è innamorata. Le storie delle due donne scorrono lungo il confine sottile tra la gelosia e l’interdipendenza.

Punti di forza.

Il romanzo raccoglie un’eredità importante fatta di tradizioni, cibo, usanze e modi di parlare. Ho trovato lo stile accogliente e le informazioni molto utili per immedesimarsi: grazie a loro mi sono sentita parte di una civiltà diversa dalla nostra. C’è un vasto uso di realia, ossia di parole talmente legate a oggetti e usi di una cultura da essere intraducibili; eppure il loro significato, grazie anche all’intercessione della traduttrice Monica Pareschi, appare sempre chiaro.

In questa parte della mia vita mi interessa molto calarmi nella cultura africana e questo libro mi ha aiutato abbastanza: il numero di post-it che si vede dalla foto ne è la prova. Le due donne e le loro diversità sono dipinte in maniera appropriata e il contesto storico funziona bene, soprattutto nell’illustrare le dinamiche tra i popoli africano ed europeo. Ci viene data la possibilità di osservarle da vicino ed è, infatti, molto interessante assistere al misto di fiducia e diffidenza con cui vengono curati i rapporti.

Però, però, però…

Il lettore entusiasta de “I cento pozzi di Salaga” deve mettere in conto che il prerequisito utile all’immedesimazione nella cultura africana di cui questo romanzo è pregno è possedere già di suo alcune informazioni di base su alcune dinamiche e alcuni modi di dire. Durante la lettura mi sono resa conto, infatti, di essere in grado di comprendere alcune cose solo perché ho letto, in passato, un altro romanzo che tocca culture simili e che lo aveva fatto in maniera più didascalica, sì, ma insegnandomi qualcosa. Parlo del libro di Unity Dow “L’urlo dell’innocente”, grazie al quale ho imparato, per esempio, l’utilizzo della parola “Na” che significa mamma, e che usato come suffisso (per esempio dopo il nome di un personaggio) si parla della madre di quel personaggio.

Forse avrei preferito essere accompagnata un po’ di più nella comprensione delle gerarchie sociali e famigliari. Mi sono sentita, invece, guidata bene nell’introspettivo dei personaggi, tanto che mi ci sono affezionata.

Leggerò volentieri altri libri di questa autrice.

Cristina Mosca