“Il bene che ti voglio” di Sandro Frizziero (Mondadori)

il-bene-che-ti-voglio-copertina
“Il bene che ti voglio”, Sandro Frizziero (Mondadori 2023)

“Il bene che ti voglio” è un romanzo di Sandro Frizziero pubblicato da Mondadori a febbraio 2023. L’autore è stato finalista al premio John Fante 2019 con “Confessioni di un Neet”, edito da Fazi. Si ringrazia la casa editrice Mondadori per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Cos’è “Il bene che ti voglio”

Nell’incipit de “Il bene che ti voglio” guardiamo il protagonista, Alessio Gorgosalice, andare a trovare sua nonna in casa di riposo. È una visione rassicurante, narrata in terza persona. Dopo una ventina di pagine, però, la lente usata inizia a distorcersi. La voce narrante cambia, a ritmo sostenuto.

“(…) il desiderare è sempre contro qualcuno. I desideri collidono”.

Alessio è sposato con Isabella ma parla continuamente di Barbara. Cominciamo a origliare confidenze molto intime, crude, senza vergogna; iniziamo a intravvedere un mistero da risolvere, lanciato qua e là nella narrazione come mollichine di pane da seguire. Intuiamo un disagio particolare, una sofferenza, un disturbo, qualcosa che seriamente non va. Vogliamo davvero restare a guardare fino alla fine?

Punti di debolezza

“Il bene che ti voglio” è un romanzo perturbante che ha un potere tutto particolare: riesce allo stesso tempo tanto ad alimentare l’immaginazione quanto a limitarla. Quello di Sandro Frizziero è solo in apparenza un mero esperimento stilistico, in cui il lettore viene sfidato ad accettare l’utilizzo di tre persone diverse per i narratori di questa storia (prima, seconda e terza singolare).

È un vero e proprio esame endoscopico, il cui viaggio segue le curve vertiginose dell’intestino. Il lettore viene digerito dal libro, masticato a piacimento e sputato fuori nella verità finale.

“Io cerco un uomo che si avvicini a me e, guardandomi negli occhi, mi dica: Isabella, ti amo, ti amo con tutto il cervello”

“Il bene che ti voglio” è un romanzo pieno di corpi, di sensi, di immagini sgranate. Non bisogna fidarsi del titolo, né della placidità suggerita dall’anziana in copertina. L’indizio da seguire è nel senso di straniamento che la bambola in primo piano ci provoca.

Però, però, però…

Mentre siamo alle prese con un senso di disturbo che può facilmente insorgere, cominciamo a fare delle riflessioni. Iniziamo a interrogarci sulla straordinaria soggettività del bene.

“Ti proteggerò da ogni cosa, Filippo, tranne che dal tempo”

Non possiamo inoltre fare a meno di notare i picchi di stile, in cui siamo sferzati da frasi crude e potenti, senza scampo. “Il bene che ti voglio” può piacere a chi ama ricomporre le storie come dei puzzle, con proiezioni continue del tempo in avanti e all’indietro.

Cristina Mosca