Il Blu delle Rose di Tony Laudadio (NNE)

Sinossi de Il blu delle rose

In un mondo non troppo diverso dal nostro, dominato dalla tecnologia e da un clima imprevedibile, la scienza ha finalmente stabilito che criminali si nasce. Il gene C, responsabile della vio­lenza nei comportamenti, è stato indivi­duato e grazie al controllo delle nascite imposto dalla legge la società è ormai pacificata. La scienziata Elisabetta Russo, che ha contribuito alla rivolu­zionaria scoperta, non nutre dubbi sulle pratiche di selezione genetica del governo, nonostante le proteste degli oppositori. A venticinque anni dall’en­trata in vigore della legge Genesi, però, una serie di eventi drammatici scuote le sue certezze mettendo in pericolo la sua stessa vita. Ed è soltanto grazie alla premura di Nghele e all’amore del gio­vane Lionel che Elisabetta trova il co­raggio di ribellarsi alle regole e ai limiti che lei stessa si è imposta.

Dopo Preludio a un bacio, con Il blu delle rose, Tony Lauda­dio torna con una favola distopica che, immaginando un futuro vicino nel tempo, si interroga sul nostro presente in cerca della perfezione a ogni costo. E ci insegna che le scelte di libertà e amore sono le uniche capaci di vincere la paura e segnare la strada che porta alla felicità.

Per chi sogna un futuro in cui le auto si guidano da sole, per chi ha riletto una poesia di Montale di cui ricordava solo pochi versi, per chi ascolta il tintinnio di un acchiappasogni in veranda, e per il mistero della rosa blu, che obbedisce all’artificio della bellezza, ma conserva in sé la ribellione della natura.

Da qualche anno è fiorito nella Letteratura italiana un vivace filone distopico che mi affascina molto. Autori e autrici di ogni età si interrogano sulla direzione che sta prendendo la società e ipotizzano scenari variegati. E li recensiamo sempre molto volentieri!

Ne Il blu delle rose, meraviglioso romanzo di Tony Laudadio, il terzo per NN editore dopo Preludio a un bacio e L’uomo che non riusciva a morire, ci trasporta in un futuro prossimo, terrificante ma allo stesso tempo molto realistico.

D’altra parte è tipico nella distopia, dare corpo e voce alle paure che si insinuano fra gli esseri umani a seguito di ipotesi drammatiche che ci fanno sentire impotenti. Nel caso specifico la popolazione si è diradata sulla Terra, dopo la terribile pandemia che l’ha colpita e la scienza ha scoperto il gene della criminalità.

Di fatto, non c’è più ragione per delinquere adesso che se ne è scoperta la causa. La soluzione è il controllo delle nascite, così il reato non abita più nei meandri dell’animo umano e la società può finalmente dirsi evoluta.

Ma come il passato ci ha più volte mostrato, le leggi possono essere usate a vantaggio di pochi e le democrazie trasformarsi in un regime autoritario e il potere concentrarsi nelle mani di chi governa.

La scienza che interviene a gamba tesa nella vita dei cittadini potrebbe limitarne la libertà e il libero arbitrio, come avviene nel romanzo e sostituirsi a Dio selezionando gli individui degni di sopravvivere alla selezione genetica.

Il mondo come lo conoscevamo ha dunque cessato di esistere e le sue sorti sono in mano alla dottoressa che anni prima ha contribuito alla ricerca del gene C.

Un romanzo che invita a riflettere su cosa sia giusto e sbagliato e su chi abbia il diritto di deciderlo.

Anteprima:

L’estate viaggiava lenta e la popolazione imprecava contro l’umidità e le zanzare. Allo stato delle cose, nel radioso futuro che, dopo tanta attesa, era finalmente arrivato, il genere umano non aveva trovato altra soluzione che rintanarsi dentro edifici frigorifero, nell’illusione di una fresca e costante primavera. Chi non poteva permetterselo – un certo numero di poveri si ostinava a esistere – sopportava. E imprecava.

Il G-taxi con Elisabetta Russo a bordo aveva avuto il via libera per l’accesso ai sotterranei del grattacielo Assex. Scese due piani e fu come entrare in una cripta. Una volta al fresco del parcheggio, lei avvicinò il suo dispositivo – un anello con un minuscolo diamante, la moda dei chip sottopelle era ormai superata – al sensore alle spalle del conducente elettronico, una figura antropomorfa che avrebbe dovuto offrire un maggior senso di sicurezza agli utenti ma che in definitiva era solo un pupazzo. Sentì risuonare il doppio bip che confermava l’esito positivo della transazione. Scese dall’auto. Nonostante tutti gli accorgimenti, il passaggio dall’abitacolo del taxi agli ambienti congelati del grattacielo causava comunque un piccolo trauma: la differenza di temperatura (i ventitré gradi del taxi non erano gli stessi ventitré gradi del parcheggio) ma soprattutto la composizione dell’aria generavano un lieve sbandamento, una vertigine. Questione di pochi secondi. 

Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea

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