“Il garofano rosso” – Elio Vittorini (Mondadori)

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“Il garofano rosso” di Elio Vittorini, edizione Oscar Mondadori 1966

“Il garofano rosso” è un romanzo del 1948, il primo scritto da Elio Vittorini. Aveva iniziato a uscire a puntate nel 1933 sulla rivista Solaria con cui lo scrittore collaborava, ma la sua pubblicazione ha subìto vari ritardi e anche rifiuti. È ambientato nell’Italia fascista, all’indomani del delitto Matteotti, e racconta di amori abbozzati e amori inventati.

Le prime pagine de “Il garofano rosso” sono dedicate alla figura di Giovanna, di cui il protagonista Alessio Mainardi, giovane liceale di famiglia borghese, si innamora. Presto, però, Giovanna gli manda a dire non prendere sul serio né il bacio scambiato né il garofano rosso regalato.

Ad Alessio questo non basta e continua a fantasticare su di lei fino a sovrapporla alla prostituta Zobeida, a cui almeno si può abbandonare.

Il tutto si svolge prevalentemente in una Siracusa che sente l’irrequietezza dell’epoca tra scioperi, occupazioni e la violenza del fascismo.

Punto di forza

Era tanto che non leggevo Vittorini e la pulizia del suo stile mi ha colpito molto. Ho ripescato “Il garofano rosso”, edizione Oscar Mondadori 1966, dalla libreria di mio padre e solo a metà strada ho scoperto, da un appunto, di averlo già letto più di vent’anni fa. Non ne avevo preservato il minimo ricordo, ma probabilmente mi interessava solo la storia d’amore e non ho visto tutto il resto, che ho apprezzato invece ora.

Il suo stile mi è piaciuto molto, cortese, pulito, con guizzi poetici. I suoi personaggi guardano “il cielo passare”, o mentre si amano sono “molecole di fede che si avvicinavano, si annodavano come una cosa che nascesse”. Ma che bellezza?

“Ci si metteva in fila, con la faccia nascosta l’uno sulla schiena dell’altro, e si aspettava che due bambine o ragazze passassero. Una era l’angelo che portava in paradiso e una era il diavolo che portava all’inferno. Ma non si sapeva chi fosse l’angelo, chi fosse il diavolo. Si aspettava ad occhi chiusi ed esse passavano a toccare via via con la mano l’ultimo della fila. Passavano senza dare la voce. Toccavano e noi si doveva rispondere “no” o “sì”. (…) Il gioco finiva quando tutta la fila si era divisa in due dietro all’una e all’altra delle bambine e allora ad un tratto si sapeva se si stava con l’angelo, o col diavolo. Ma ci importava solo di andare con la bambina preferita (…)

Tremavo come allora. E sentivo tutta la mia vita immersa nella paura di non indovinare la mano che volevo seguire, dico la mano della più cara che non importava se conduceva all’inferno, se conduceva in paradiso.”

La storia d’amore, in realtà, è marginale. Ho trovato storicamente affascinanti i sentimenti del protagonista nei confronti del fascismo, un movimento politico in cui lo vediamo contento di riconoscersi. Scopriamo, studiando la biografia di Vittorini, che coincide con l’ingenuo “fascismo di sinistra” che da giovane lo scrittore ha sentito suo. Mainardi infatti prova solidarietà verso i braccianti di suo padre: durante il soggiorno estivo presso la sua famiglia, studiando per riparare un debito scolastico, inizia a vedere le cose in un altro modo.

“Il garofano rosso” è un romanzo di formazione che consiglio a tutte le età e anche a chi, come me, sente di dover colmare una lacuna nella sua conoscenza della letteratura italiana della prima metà del Novecento.

Cristina Mosca