Il grido della rosa – Alice Basso (Garzanti)

Il grido della rosa – Alice Basso – Garzanti

Alice Basso riesce sempre a stupirmi, in positivo.

Ne Il grido della rosa, il secondo volume che vede come protagonista Anita Bo, la cosa che più mi ha colpita e che ho apprezzato, è l’aver affrontato il tema della prostituzione.

Alice Basso, lo sappiamo, ha questo stile leggero, di chi ti dice le peggiori cose senza fartele pesare. Se riscrivesse lei “Shining”, avremmo un simpatico Jack Torrance che scrive battute e fa sbellicare dal ridere, e probabilmente scopriremmo un sacco di cose interessanti sui labirinti, sulle loro origini, storie, aneddoti. Perché lei fa così: prende una storia, te la racconta con simpatia e dentro ti racconta un sacco di altre cose. E non ti fa pesare niente. Chiudi il libro – o spegni il Kindle nel mio caso – e ti accorgi di essere più ricca di conoscenza di quando lo hai iniziato. E per chi, come me, è curiosa di dettagli inutili e storielle che non racconterà mai a nessuno, è una cosa fantastica.

E torno al perché questo libro non solo mi è piaciuto parlo stile, l’ironia e bla bla bla, tutto quello che si dice sempre di lei. Mi è piaciuto MOLTO perché ha avuto il coraggio di parlare di prostituzione. Nel 1935.

Vedi un po’ te.

Lo sapevate che le prostitute dovevano cambiare bordello ogni 15 giorni? Io no. E lo trovo agghiacciante per tutte le conseguenze. Poi, certo, chi vi scrive ha maturato negli anni una certa convinzione sulla prostituzione. Non la dico qui, la dirò durante l’intervista che faremo con l’autrice. Però, in sostanza, come lo chiami quando una persona non vuole fare sesso con te, ma è costretta? Ecco, secondo me è quella roba lì, che sfrutta povertà, mancanza di opportunità, … senza contare quelle che sono proprio schiave.

Ma torniamo al libro, perché questa mia digressione era solo per dirvi quanto io sia contenta che qualcuno ne parli. E non in maniera pesante, come potrei fare io, ma con la delicatezza che nulla toglie al trattare l’argomento con serietà.

E poi c’è anche quest’altra cosa, che per fortuna non esiste più. I soprusi verso i più deboli e la colpevolizzazione della donna quando è single e resta incinta.

La storia? Una ragazza dell’OMNI, sordomuta, ha un figlio che viene preso in adozione da una famiglia in vista e benestante. La sera della festa per l’adozione, la madre muore “cadendo dalle scale”. Ovviamente non è una caduta accidentale, e Anita, insieme a Sebastiano, scoprirà il colpevole.

Una nuova storia per J.D. Smith.

Mentre il fascismo continua a mostrarsi in tutta la sua apparente virilità, gli uomini gonfiano il petto e le donne portano avanti tutto, fingendo di ubbidire e basta, Anita cerca la sua strada. O meglio, l’ha trovata e l’idea di doverla abbandonare per sposarsi, non le piace. Vorrebbe non doverlo fare, perché l’indipendenza le piace, il suo lavoro le piace, leggere storie americane e immergercisi le piace. E sta scoprendo un mondo in cui può dare il meglio di sé, non fingersi per forza bella e svampita.

Piccolo spoiler: in questo libro Anita e Sebastiano non si baciano. Dobbiamo aspettare ancora