“Il lupo della steppa” di Hermann Hesse (Mondadori)

“Il lupo della steppa” di Hermann Hesse, Mondadori 1996

“Il lupo della steppa” è un romanzo di Hermann Hesse del 1927, che ho riletto nell’edizione I Miti Mondadori del 1996 aiutandomi con un audiolibro gratuito, perché è stato scelto come lettura condivisa di maggio dal gruppo EquiLibro. Dal 2016 è disponibile in libreria nell’edizione Oscar Mondadori.

Nel 1996 la me sedicenne ha lasciato una recensione piuttosto laconica, scritta a matita sull’ultima pagina: “Impegnativo”.

Nel 2022 la me quasi quarantenne conferma l’impressione.

Cos’è “Il lupo della steppa”

Questo libro è un romanzo filosofico, onirico e visionario. Inizia con la finzione: il curatore dichiara di aver conosciuto il protagonista perché affittuario di sua zia e di averne trovate le memorie in seguito alla sua improvvisa scomparsa.

Pertanto, il romanzo è scritto in prima persona, eccezion fatta per le circa trenta pagine di “Il lupo della steppa – Dissertazione” poste quasi all’inizio.

Tra incontri, rivelazioni e ragionamenti filosofici, Harry compie un vero e proprio viaggio alla scoperta di sé, disquisendo di suicidi, ballo e diritto a essere felici.

Punti di debolezza

Parto dai punti a sfavore, perché a questo giro il romanzo mi ha colpito ancora meno della prima volta. Ai giovani piace Hermann Hesse perché è fortemente indirizzato verso la ricerca del sé, ma questo romanzo, nella mia classifica personale, resta al terzo posto, dopo “Siddharta” e “Narciso e Boccadoro” e prima de “Il gioco delle perle di vetro”.

Ho capito solo ora che per venirne totalmente assorbiti occorre essere un lupo della steppa, cioè una persona fortemente combattuta fra i suoi opposti: il bisogno degli altri e, allo stesso tempo, quello di stare solo.

“Se consideriamo il lupo della steppa con questo criterio, capiremo perché soffra tanto della sua ridicola duplicità. Egli crede, come Faust, che due anime siano troppe per un solo petto e pensa che lo debbano dilaniare. Sono invece troppo poche e Harry fa violenza alla sua povera anima quando cerca di comprenderla in un’immagine così primitiva.”

Il resto della trama procede sempre più farraginoso, ricca di simbologie, illusioni, dialoghi da santoni indiani.

Però, però, però…

Se, come me, non riuscite a identificarvi nel lupo della steppa, potreste però riconoscervi nel suo alter ego, l’androgina Hermine, il cui nome (guarda caso) richiama il femminile di Hermann. Anche Harry Haller richiama le iniziali dell’autore.

“Qui non abbiamo nome, non siamo persone. Io sono un giocatore di scacchi. Desiderate lezioni sul modo di costruire la personalità?”

Hermine, che nella versione del 1996 è tradotta come Erminia, si autoproclama lupo della steppa anche lei, con la differenza di essere più dissimulatrice di Harry. La crescita spirituale di Hermine si innesta meglio con la vita e con le convenzioni sociali: letteralmente e metaforicamente, lei ha imparato a “ballarci” dentro. E insegnerà la leggerezza anche a quel bel cinquantenne psicologicamente bloccato che è Harry.

Cristina Mosca