“Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese (Adelphi)

“Il mare non bagna Napoli” di Anna Maria Ortese (Adelphi 1953)

“Il mare non bagna Napoli” è una raccolta di cinque racconti scritti da Anna Maria Ortese fra il 1949 e il 1953, anno in cui è stata pubblicata e ha vinto il Premio Viareggio. Come spiega Italo Calvino in una lettera ad Anna Maria Ortese e al direttore di collana Elio Vittorini contenuta ne “I libri degli altri” (Mondadori 2022), il titolo “bene si adatta alla Napoli del libro”:

“E poi – nota Einaudi – è giusto, perché a Napoli oggi la presenza del mare si sente pochissimo, il porto è in crisi, l’economia e tutta la struttura della città non sono marinare se non in piccola parte; cosicché l’affermazione paradossale di quel titolo potrebbe divenire una definizione corrente d’una situazione”

Cos’è “Il mare non bagna Napoli”

Alcuni racconti, come i primi due, “Un paio di occhiali” e “Interno familiare”, sono narrati in terza persona e hanno una struttura classica. In altri casi è la voce diretta dell’autrice a preparare e conservare articoli sulla panoramica sociale e culturale di Napoli.

“La vita, nella loro razza, non produceva che questo: un rumore fioco”

Questa Napoli è un luogo in cui molte donne si suicidano gettandosi dal balcone, e l’indigenza ammassa migliaia di persone negli stessi locali.

Come un vero e proprio reportage giornalistico, nel racconto “La città involontaria” veniamo a conoscenza della realtà “dei Granili”, ovvero del palazzo dei Granili, costruito nel 1779 per depositare grano e vettovaglie.

Alto più di trenta metri, ottantasette finestre per piano, il Palazzo dei Granili fu abbattuto nello stesso 1953, a compimento di un decreto ministeriale del 1946. A quel tempo ospitava, dice Anna Maria Ortese, circa tremila senzatetto. Oggi la sua area è occupata dalle attività portuali.

“Tutti erano indifferenti, qui, quelli che desideravano salvarsi. Commuoversi era come addormentarsi sulla neve”

Il racconto “Oro a Forcella” parla del Monte dei Pegni del Banco di Napoli, mentre “Il silenzio della ragione” sarebbe oggi un mock-documentary: un falso reportage in cui autori noti come Vasco Pratolini, Domenico Rea o Luigi Compagnone diventano suoi personaggi.

Punti di forza

Nel seguire i racconti di Anna Maria Ortese troviamo una profonda pìetas per le condizioni estremamente povere della Napoli dell’immediato dopoguerra. Sentiamo una grande partecipazione e troviamo un lirismo bello, pulito, fluente.

“(…) qui, gli uomini che vi vengono incontro non possono farvi nessun male: larve di una vita in cui esistettero il vento ed il sole e che di questi beni non servano quasi ricordo”

Il titolo si riferisce, tra l’altro, alla profonda distanza, tra i borghesi e i meno abbienti, come accadeva nel Vittorianesimo.

“La borghesia (…) urtata continuamente dalla plebe, dai suoi dolori sanguinosi, dalla sua follia, resisteva pazientemente come un muro leccato dal mare.”

Anna Maria Ortese mi ha sempre incuriosita, ma è la prima volta che mi soffermo sui suoi scritti: galeotta fu la condivisa “Geniali sortilegi” di Cecilia Verde, che ha messo “Il mare non bagna Napoli” in programma per marzo (ma io, essendo sempre sul pezzo… sono arrivata ad aprile)

Però, però, però…

Tirando le somme, credo che questo non sia un libro che si presta all’audiolettura, che è la modalità che ho scelto io. Lo stile di Anna Maria Ortese è molto intenso e lento. La lettura di Iaia Forte per Audible lo ha arricchito di valore, ma mi sono persa per strada perché va ascoltato in maniera ordinata.

“Come un cavallo da tiro ha la sensazione che il suo carico cresce di minuto in minuto e le zampe gli si piegano, ma gli occhi miti non riescono a guardare indietro, così lei non vedeva da quale parte fluisse questa enorme e inutile vita su lei”

“Il mare non bagna Napoli” è un libro che esige il giusto spazio e tutta l’attenzione. Senza dubbio leggerò ancora di questa autrice.

Cristina Mosca