Il pipistrello – Jo Nesbo (Einaudi)

Il pipistrello – Jo Nesbo – Einaudi

Lo so, mi attirerò gli strali degli amanti di Jo Nesbo, ma io, sinceramente, da questo libro non capisco l’entusiasmo.

Ne leggerò senza dubbio almeno un altro, perché mi incuriosisce e perché forse, mi dico, l’ho letto nel momento sbagliato, ma ci sono cose che a me non piacciono e tutta la storia, il movente soprattutto, mi sembra un grande “boh!”.

Un poliziotto norvegese viene inviato a Sidney, Australia, per indagare sull’omicidio di una giovane connazionale. Appena arrivato gli dicono che lui può stare a guardare, ma non intervenire. E già mi sembra la scena di un film anni ’70, coi dialoghi macho. Poteva esserci un Clint Eastwood qualunque al suo posto, e già sapevi che mai e poi mai sarebbe stato zitto e buono, figurati! Ma va bene, andiamo avanti.

Viene affiancato a un aborigeno, e anche qui mi immagino Hollywood che dà fondo ai suoi cliché, che lo porta in giro apparentemente senza senso. E io mi perdo. E mi annoio a sentire tutte ‘ste storie sull’Australia, questo che gli racconta robe che ti dici, sì, ok, ma a che cosa mi serve? E poi, anche dopo, digressioni lunghe e inutili, o meglio, secondo me mal inserite, mal raccontate. Tu lettore capisci che l’autore ti doveva dire quella roba lì, ma non sapeva come fare. Infodump?

E poi monologhi. E salti logici, che però forse sono io che ho saltato pezzi e non ho capito, che mi sono distratta. L’ho letto su kindle, quindi so esattamente quando ho capito chi fosse l’assassino. Al 55% del libro.

E avevo ragione.

Non sono un genio, ma i puntini li so unire anch’io, non solo Harry Hole.

A proposito di H.H.: non mi piace. Uno che cerca la rissa e si ubriaca da star male (sì, è un ex alcolizzato, ok, ma non mi piace lo stesso). Ve l’ho detto: Clint Eastwood anni ’70.

Alcol, tabacco e risse.

E niente. Almeno non c’è il lieto fine, la cosa migliore del libro.