Il prete ebreo – di Mariastella Eisenberg (Spartaco)

 

Il prete ebreo

Mariastella Eisenberg

Edizioni Spartaco

Dal sito dell’editore

Simone, nato in Romania all’inizio del Novecento da una giovane ebrea di buona famiglia, viene abbandonato nell’orfanotrofio di un monastero ortodosso. A Lione, ancora bambino, scopre di essere stato adottato; nonostante la circoncisione, viene battezzato e mandato in seminario, dove resterà fino all’ordinazione sacerdotale. Ormai parroco, conosce da vicino le atrocità della Seconda guerra mondiale e si fa partigiano. Il confronto con l’umile fra Giacinto lo spinge a lasciare il clero secolare per diventare frate. Va a Roma, s’immerge nello studio nel tentativo di trovare tracce della misteriosa Bibbia di Lione, in odore di eresia: inconsapevolmente è alla ricerca di se stesso.

L’incontro con Joséphine, figlia biologica dei genitori adottivi, fa esplodere nei due un’intesa insperata: Simone non è più solo. La donna però è sposata e madre, deve ritornare in Canada dove si era rifugiata per scampare all’odio nazista, perciò dovranno separarsi. A quel punto Simone decide di partire per Israele. Ormai anziano, finalmente conoscerà le sue origini e deciderà di affidare la sua storia all’unica parente rimastagli,  la nipote Miriam.

La narrazione, fatta in prima persona, prende il lettore e lo trascina con forza nel mondo intimo del «prete ebreo»: una confessione che esplora l’animo umano, scavando nel profondo di istinti infimi e dei sentimenti più nobili. La ricerca costante, affannosa, disperata, della propria identità è il tema portante del romanzo; il sentirsi inadeguato, fuori luogo, non all’altezza dei canoni dettati dalla società è lo stato che fa del protagonista una persona reale e così simile, pur nel racconto di una vicenda straordinaria, a tanta gente comune.

Recensione

Miriam riceve via posta un plico con documenti e foto e, qualche giorno dopo, un pacco contenente una scatola di legno. Al suo interno delle audiocassette. Immagine un po’ retrò, ma che ben si addice al personaggi Simone, zio che lei non ha mai conosciuto.

Simone decide di affidarle la storia della sua vita, incisa su quei nastri. Una vita complessa, sempre alla ricerca di qualcosa, delle proprie origini.

Zio Simone mi ha raccontato di sé perché voleva che si sapesse che cosa significhi non conoscere le proprie origini: “Cumuli di pietre, depositi di mattoni, cave di calce: la mia vita sembra il cantiere di una torre di Babele che non è mai stata finita. Il termine è la morte? O qualcuno – forse tu, Miriam – dopo continuerà a costruire?”

Simone nasce da una giovane ragazza ebrea, il tempo di essere circonciso e, per evitare uno scandalo nella famiglia bene, viene affidato a un orfanotrofio, dove suor Teofania si prende cura di lui per i suoi primi anni. Viene poi adottato da una famiglia cattolica, impossibilitata ad avere figli, la cui moglie  inorridisce non appena scopre le origini del bambino.

La situazione non può che peggiorare con la nascita di una figlia naturale: che senso ha avuto adottare un bambino, per giunta ebreo – orrore! – per colmare un vuoto che poi si è colmato naturalmente? In realtà la signora è incapace di amare e il marito non se ne preoccupa, per lui, l’importante, è stare tranquillo.

Ecco così che Simone cresce, con la sola compagnia della sorellina. Scopre per caso di essere stato adottato e di essere ebreo, e come questo sia una colpa impossibile da lavare.

Decide quindi, per diversi motivi, di farsi prete, ma ciò lo riscatterà solo parzialmente agli occhi della madre e i suoi demoni faticheranno a sparire:

i demoni rancorosi che nutrivo nel mio più profondo si alimentavano di violenza: volevo esercitarla in qualche maniera contro tutti quelli che l’avevano usata su di me, in un modo o nell’altro.

È una continua ricerca della verità e delle proprie origini. Il quadro completo riuscirà ad averlo solo in tarda età e per pura casualità.

Il libro si interroga sulla difficoltà di costruirsi una vita quando non si conoscono le proprie radici, la propria provenienza. Dove andiamo se non sappiamo da dove arriviamo?

In realtà ci è stato insegnato che più importante del punto di partenza è il punto di arrivo. È così importante sapere da dove proveniamo per capire chi siamo? E la religione, non è forse quella che ci insegnano, quella con cui cresciamo? Che importanza può avere una circoncisione se poi si cresce in un convento e in una famiglia cattolica? Be’, in tempo di guerra era una questione di vita o di morte, indipendentemente dal credo. E quindi ecco che la confusione tormenta l’animo di Simone. Il tentativo di essere una brava persona, ma al tempo stesso di non tradire se stesso, di essere ciò che è.

Deciderà di partecipare per quanto possibile alla guerra, perché non sopporta di stare fermo a vedere il proprio paese svuotarsi e i giovani morire. Sente di dover agire, le parole non sono in grado di consolare nessuno né alleviare sofferenze, tanto vale darsi da fare in altro modo.

Vivrà, anni più tardi, un’intensa e breve storia d’amore, che però lo segnerà e che ricorderà con dolcezza e affetto anche in vecchiaia. Ripercorrere la propria vita, tracciando anche elementi di storia che si sono subiti, per dare un quadro di se stesso, perché ognuno “è eroe della propria narrazione“.

Mariastella Eisenberg ci racconta di un uomo travagliato, che fatica a trovare la serenità, che preferisce rinchiudersi in uno studio, piegato sui libri, nel tentativo di dare un senso alla propria vita, ma che di continuo viene strappato dal quel luogo sicuro, per essere costretto a vivere, a provare emozioni e, anche tramite le esperienze, non solo tramite la conoscenza, ritrovare, conoscere e accettare se stesso.

Daniela