La donna gelata – di Annie Ernaux (L’Orma)

“La donna gelata”, di Annie Ernaux, L’Orma 2020

“La donna gelata” è un romanzo che Annie Ernaux ha pubblicato nel 1981 in Francia e che L’Orma ha tradotto nel 2020. E’ di genere autobiografico. L’autrice, nata nel 1940, riflette sulla parità di genere nel quotidiano. Era tanto che desideravo conoscere la sua scrittura e la lettura condivisa di aprile dell’Accademia Molly Bloom me ne ha dato l’occasione.

La narrazione è condotta in prima persona e ripercorre i ricordi dei primi venticinque anni di vita dell’autrice. Dall’ambiente famigliare moderno e quasi avveniristico negli anni ‘40 e ‘50, in cui era la madre a mandare avanti la bottega e il padre a cucinare, la protagonista si integra in una società diversa, che prevede ruoli predefiniti per uomini e donne. La sua scoperta del corpo umano, della sessualità, del desiderio. Infine, l’approdo al matrimonio. Ma quale matrimonio? Due giovani studenti che si uniscono, le loro imperfezioni, la loro incapacità in cucina.

“Non avevo più idee di lui su cosa mettere in tavola. (…) Nessun passato da aiutocuoco tra le sottane di mammà, né per lui né per me. Perché tra noi due sono l’unica a dover procedere per tentativi, brancolando tra i tempi di cottura del pollo e i semini del cetriolo da togliere o tenere, l’unica a scartabellare un libro di ricette, pelare carote, e per di più a lavare i piatti dopo cena, mentre lui si rimette a studiare diritto costituzionale?”

Una situazione di partenza alla pari, in cui le dinamiche interne riescono lo stesso a sbilanciarsi molto presto: è lei a trovarsi il carico della casa addosso, lei a dover scegliere tra il concorso e le gravidanze. È lui a ricevere un lavoro dalle classiche otto ore al giorno e desiderare (esigere?) il giusto riposo al suo rientro.

Punti di forza

Tutto procede in una narrazione limpida e lineare, facile da seguire, scorrevole. Le vicende raccontate sono all’apparenza banali, al primo impatto viene da commentare che non siano niente di speciale, anzi sono molto comuni. L’educazione in una scuola cattolica, l’avventura del matrimonio, il condizionamento delle persone che li circondano: riflessioni e constatazioni che accadono a tutte, sistematicamente.

Se non fosse che la narrazione è ambientata nella Francia degli anni Sessanta e questo muto scivolare nella divisione dei ruoli accade ancora, in molte case.

Quindi in quel pensiero, “accadono a tutte”, si percepisce qualcosa di profondamente sbagliato, ma di altrettanto radicato. Talmente radicato da essere diventato quasi invisibile.

Però, però, però…

Ho affrontato questo libro con un leggero turbamento. Il primo motivo è che mi sembra di non riuscire a evitare letture autobiografiche da due anni a questa parte. Sì, lo so che la Ernaux è molto rappresentativa del genere, l’abbiamo apprezzata già quando abbiamo recensito “Il posto”, ma mi scopro appassionata della cara vecchia fiction, con intreccio, punto di rottura, risanamento dell’equilibrio eccetera.

Al turbamento legato a questa situazione contingente si è aggiunto il turbamento legato a qualcosa di immanente. La voce narrante è pacata e oggettiva, addirittura comprensiva: eppure, ha un modo disarmante di mostrare che qualcosa che andrebbe cambiato è invece talmente radicato nella società che neanche noi lo vediamo più. Mi sono sentita senza scampo.

Cristina Mosca