“La Figlia della ricamatrice” di Annalisa Canestrelli (LibroMania)

"La Figlia della ricamatrice" di Annalisa Canestrelli (LibroMania)
“La Figlia della ricamatrice” di Annalisa Canestrelli (LibroMania)

Dall’autrice del Codice dell’Imperatore, una grande storia d’amore, di formazione e di libertà nella New York degli immigrati italiani tra i ruggenti anni Venti e i primi anni della Grande Depressione

Quest’autrice è stata una piacevole scoperta. Una voce fresca, pulita, capace di ricreare atmosfere antiche senza perdersi in superflui arcaismi.

Da subito mi sono resa conto che la storia mi avrebbe catturata e così è stato. Ambientato a New York nel 1925, questo romanzo parla di donne e sacrificio, di società, d’amore e di libertà.

Benedetta, la protagonista, vive imbrigliata negli abiti che la madre, ricamatrice, le ha confezionato addosso. Ma ha un cuore palpitante, quei vestiti le stanno stretti, non la lasciano respirare. Cuci e lavora, lavora e respira è il mantra che ascolta incessante ogni singolo giorno. Lei invece vorrebbe essere libera e indipendente, sicura e affascinante come Maria, la figlia della vicina che ricama insieme a lei e a sua madre.

Le dicono che è brutta, invece, la convincono che dovrà ritenersi fortunata se qualcuno deciderà di prendersela. In realtà vogliono soltanto decidere al posto suo chi dovrà sposare. Ma il desiderio di essere se stessa fino in fondo è troppo grande, supera i confini delle regole sociali, della menzogna, della sacralità del suo matrimonio. Benedetta comprende che può essere contemporaneamente se stessa e Maria, può liberarsi da quel vincolo che la costringe, può giocare con la sua vita interpretando più personaggi ed essere finalmente libera.

Ma ogni medaglia ha un risvolto, e la sua coscienza non le permetterà di essere felice dentro una bugia che si fa ogni giorno più grande di lei. Benedetta ha voluto sfidare il destino e il conto che le presenterà sarà molto salato.

Una storia di equilibrio sulla difficoltà di vivere i propri sogni, di non essere quello che gli altri si aspettano da noi, sulla fatica di essere donna in ogni tempo e in ogni luogo, sulla magia del desiderio e sulla effimera felicità della menzogna. Un romanzo denso e profondo, una scrittura limpida e accurata.

Ad attendere quelli che ottenevano il visto c’era il traghetto per il New York Harbor e la città con i suoi grattacieli. Il cavallo di razza salpò stringendo il visto tra le mani.
Benedetta stava in piedi sulla banchina del porto. La ragazza, che stringeva fra le dita un mestolo di legno e un bicchiere di vetro, osservava l’imbarcazione immettersi nella baia con le spalle che sfioravano un container rosso; intorno a lei un grande fermento di marinai in divisa e di gabbiani famelici.
Poco distante, seduto su una lunga cima arrotolata, c’era suo fratello. Il giovane scrutava la scena con aria torva, facendo scorrere la vista dalla sorella al traghetto. Si accese una sigaretta senza filtro e aspirò con forza stringendo gli occhi fino a ridurli a due fessure; disse qualcosa tra sé e sé muovendo appena le labbra, ma Benedetta non gli prestò attenzione, inspirò l’odore del mare e ondeggiò fino a quando non sentì una scheggia di ferro ferirle la spalla e si spostò di un passo.
Il mare era illuminato dal tardo sole di ottobre e l’aria era ancora tiepida. I nuovi migranti, una volta posizionata la passerella, cominciarono a scendere. Procedevano tutti alternando lo sguardo dal corrimano ai grattacieli, la sorpresa li faceva rallentare e i marinai li sollecitavano a muoversi urlando in inglese.
Benedetta si piegò per prendere il secchio che aveva ai piedi e, con un grande sospiro, si avviò verso di loro. Cercò con gli occhi il fratello sapendo già che non l’avrebbe aiutata.
«Poi, per un mese, basta». Non lo pensò solamente, lo sussurrò sottovoce. La madre voleva che andassero tutti e due a offrire dell’acqua all’arrivo del piroscafo mensile dall’Italia: non aveva mai dimenticato i due ragazzini che l’avevano accolta così il giorno in cui era sbarcata tanti anni prima.
«Chi vuole dell’acqua?».
Lo disse in italiano anche se sapeva che la sua voce era troppo bassa perché qualcuno la sentisse. Le sue guance erano già diventate bordò. Appena quella maledetta acqua fosse finita, sarebbe potuta tornare a casa… Senza guardare nessuno in faccia, seguitava a riempire il bicchiere che le persone si passavano di mano in mano.
Un dito bussò sulla sua spalla. Alzò gli occhi.
«Hai del sangue… Lì, hai del sangue».
Qualcuno stava indicando un punto dietro di lei. Benedetta non mosse un muscolo. Gli occhi azzurri sì li aveva visti, e anche i capelli lunghi e neri. Dopo, quasi involontariamente, osservò rapidamente le spalle, la mascella marcata, la pelle liscia e scura, le labbra definite. Distolse lo sguardo come se stesse fissando qualcosa di illecito; non riuscì a rispondere. L’uomo fece ancora un vago segno con la mano verso la spalla dove il vestito si era tinto di rosso, poi proseguì via.