Contro la letteratura, di Davide Rondoni

Contro la letteratura - Copertina

Contro la letteratura

di Davide Rondoni

ed Bompiani

Dal sito dell’editore:

“Fanno gli svolazzi calligrafici sul suo nome e intanto le calpestano il viso, la sfigurano a calci. Le si dedicano cattedre in tutte le scuole superiori dello Stato e intanto le si tarpano le ali. La letteratura è l’unico bene antropologico del nostro Paese. E la scuola la sta distruggendo. A chi difende il vigente sistema di insegnamento dico: voi state difendendo questa situazione. Ne siete dunque corresponsabili almeno quanto quelli che l’hanno generata in migliaia di pubblicazioni, convegni, ore di insegnamento. Perdipiù pagati dallo Stato. Una montagna di soldi pubblici per ottenere la pubblica fucilazione dei grandi capolavori della nostra letteratura. Una formidabile idiozia. Tutto questo non vi suscita nessun moto di insurrezione? A me sì, e per questo faccio una proposta: smettiamo di insegnare la letteratura a scuola, rendiamola facoltativa. Lasciamo ai nostri figli questa libertà.”

Recensione

“Vorrei che i nostri figli fossero dei ragazzi-giaguaro.
Nella cultura maya la dea Giaguaro è quella che sta “sul ramo più alto del sogno”. Emerge dall’intrico della vita che come una foresta amazzonica rischia di essere distrutta dalle pretese umane di possedere tutto, chiudendo il mondo in palazzi e strade. Dal folto torna la più antica delle dee e i suoi figli, i ragazzi-giaguaro, hanno il compito di diffondere nelle vie trafficate e anonime delle città e di una modernità vischiosa come l’aria metropolitana le voci, i canti, i suoni della foresta, e quel “vento che trasforma/ in uccello la foglia”.
Invece i nostri ragazzi rischiano di diventare ragazzi-palude. Specchi d’acqua ferma dove non si riflette più nulla e nessuna voce rompe il ronzio di musica-zanzara succhiasangue.”

Inizia così questo bellissimo testo di Davide Rondoni.

Scrivo bellissimo per intendere molte cose: è interessante nel senso che suscita interesse per l’argomento trattato e per quelli sfiorati, anche se non approfonditi; stimolante perché stimola il pensiero, la riflessione,  un punto di vista diverso dal solito, da quello a cui siamo abituati e che raramente mettiamo in discussione; profondo perché parla con cognizione di causa, conosce l’argomento, lo ha studiato, osservato e ci ha ragionato. Potrei proseguire ancora con una decina di aggettivi, ma il punto secondo me è questo: mille volte abbiamo avvertito sulla pelle, sotto pelle, nella pancia, a volte anche con la testa, che il modo di insegnare nelle nostre scuole non è quello giusto. Ci siamo detti all’infinito che bisognerebbe piantarla con le lezioni frontali, che annoiano mortalmente e tendono a trasmettere nozioni, più che conoscenze e competenze. Davide Rondoni questa volta ci spiega come, secondo lui, si potrebbe modificare l’insegnamento della letteratura italiana.

Gli spunti sono tantissimi e, come è normale, io ho trattenuto quelli che più mi hanno colpita e che mi piacerebbe venissero applicati da domani. Per esempio: perché parlare di letteratura dall’inizio, dagli autori a noi più lontani e non, invece, da quelli a noi più vicini? Perché non far raccontare la storia della letteratura al docente di storia? La letteratura avrebbe così uno spazio tutto per sé, scisso da date, nomi, avvenimenti storici che hanno influenzato l’autore, ma che se utilizzati come cornice rigida al testo, rischiano di renderlo sterile. Manca qualcosa, vero? Sì, l’assunto di base secondo cui per godere di un testo, per apprezzarlo, non è necessario ridurlo a specchietti, schemi, schede di lettura, di significato, farlo a pezzi e appiccicarlo su una linea del tempo su cui lo studente può vedere dove si trovava l’autore quando lo ha scritto, che cosa ha vissuto, etc… Rondoni lo dice molto meglio di me:

“Uno degli errori d’impostazione dell’attuale generale modo di insegnare la poesia e la letteratura è il tentativo di fare dei ragazzi degli esperti, invece che degli amanti.”

“L’altra mancanza in questo impianto pseudostoricista, metodologicamente più grave, sta nel pensare che studiando l’evoluzione storica di un fenomeno ci si possa appassionare a esso. Sarebbe come se, per appassionare i nostri ragazzi al motociclismo, invece di far vedere Valentino Rossi o Giacomo Agostini che corrono, si insegnasse loro la storia del pistone per poi sorprenderci che no, non mostrano molto interesse.”

“Il professorale pascersi del contesto permette di fondare (a basso costo) la propria autorevolezza su una serie di nozioni che si detengono, invece che sulla vitalità e profondità di lettura e di confronto intelligente con la provocazione di una poesia o di un romanzo.”

“L’altro grave errore, che sta viziando la trasmissione della bellezza e del gusto della lettura, è la pretesa (di stampo strutturalista pur se, anche in questo caso, è spesso l’esito di rimasticature e illanguidimenti) di detenere una specie di scienza della lettura. Come se la capacità di leggere un testo raggiungesse il suo apice nel momento in cui si trasforma in una sorta di scienza esatta. Senza più prodigio, né sospensione di stupefatto sperdimento. È una scienza diversa e l’accanirsi con esempi, esercizi, specchietti di analisi del testo produce solo infinita noia e ancora una volta permette all’insegnante di nascondere la propria personalità di fronte ai ragazzi, magari mentre si desidera che facciano invece emergere la loro.”

È uno di quei testi che mentre lo leggi non riesci a deciderti se lo vuoi divorare o se invece preferisci gustartelo. Continui a riflettere su quello che leggi e fai paragoni con la tua esperienza, con le tue aspettative di un tempo, le speranze, quello che avresti voluto e  ti domandi se saresti capace di fare quello che l’autore suggerisce. Probabilmente se lo rileggerò tra un po’ di tempo, saranno altri gli elementi che noterò e che mi faranno riflettere, perché è un libro ricco e mi viene quasi da dire che dovrebbero renderlo lettura obbligatoria alle superiori, nel biennio, e per i professori, se non fosse una specie di controsenso con tutto quanto va proponendo l’autore.

Nonostante il titolo, questo libro è una dichiarazione d’amore alla letteratura. Non a un autore o a una corrente in particolare, no, a tutta la letteratura. È un inno, un invito agli studenti (e agli insegnanti) a lasciar stare le impalcature, per godersi i poemi, i romanzi, i racconti, i capolavori che abbiamo ricevuto in eredità e lasciarli fluire, lasciarsi andare alle emozioni, senza preoccuparsi che siano quelle che l’autore voleva trasmettere, ma accertandoci di capire quello che proviamo. Che sarebbe già molto.

È un inno alla libertà di e nella lettura; e mi piace pensare che si possa dire che un autore non ci piace, foss’anche Manzoni, Leopardi o Dante, mentre un altro, magari considerato minore, ci piace tantissimo. Se ci fosse questa libertà, di sentire ognuno a modo suo gli autori e la potenza delle loro opere, sono certa anch’io che ci sarebbe più amore per la letteratura. Perché diventerebbe esperienza personale, inimitabile e irripetibile, e non una serie di nozioni imparate e snocciolate come in una cena di montaggio.

Daniela