“La Mia Proprietà Privata” di Mary Ruefle (NNE)

"La Mia Proprietà Privata" di Mary Ruefle (NNE)
“La Mia Proprietà Privata” di Mary Ruefle (NNE)

Quest’opera di Mary Ruefle, che è scrittrice e poetessa tra le più importanti in America, è di un genere apparentemente incollocabile. La raccolta di pensieri, racconti, riflessioni che generano da un particolare che attira la sua attenzione o da un ricordo che riemerge all’improvviso, potrebbe essere definito memoir, genere molto in voga al momento anche fra tanti autori italiani, o un più tradizionale diario. Eppure qualunque di queste definizioni sarebbe riduttiva.

Ci si immerge nella lettura come attratti da un vortice pericoloso. Le parole ti si aggrappano addosso quasi, e la sua esperienza si fa universale. C’è la natura, come un’entità unica che circonda e abbraccia, c’è la memoria con la nostalgia che contraddistingue i ricordi passati, c’è l’attesa per ciò che potrebbe accadere anche se poi non accade. E c’è la parola, quella profonda, tagliente, che salva l’anima:

“Siamo partiti da casa in macchina. La macchina aveva le ruote, ce n’erano quattro. E c’era una porta per entrare e uscire dalla macchina. Anzi, c’erano quattro porte, e anche noi eravamo quattro, quindi ognuno aveva la sua porta. Dentro c’era solo spazio per sedersi, e una cintura in diagonale sul corpo che ti proteggeva in caso di incidente.

Un incidente è quando succede qualcosa che non dovrebbe succedere e tu non vorresti che succedesse ma succede lo stesso. Quel giorno non abbiamo avuto un incidente, ma siamo andati al ristorante”

Ecco che la scena prende vita davanti allo sguardo del lettore che, inconsapevole, la plasma leggendola.

La scrittura di Ruefle è sorprendente, nel senso perfetto del termine, è mentre stupisce cattura, rendendo impossibile interromperne la lettura. L’estratto riportato è soltanto un esempio come tanti altri se ne potrebbero trarre dall’opera, ciò che lo rende unico, persino nella descrizione di cos’è un’automobile e che tutti abbiamo ben presente nel momento in cui ce ne parla, è il vedere la parola che prende forma e si fa auto, albero, cielo e foto.

Ci sono i colori, ci sono molti colori nel mondo creato da Ruefle. La tristezza può averne diversi, può essere viola, nera, grigia o rossa. E ciascuna di esse è differente dalle altre, sono tratti, sfumature, impercettibili eppure distinte fra loro. La capacità dell’autrice di metterle su carta è sorprendente, oltre che originale e magnetica.

Il racconto che dà il titolo al libro fa riferimento a uno dei suoi ricordi e ha a che fare con la foresta amazzonica e le teste rimpicciolite. Da quando mi ha domandato come facciano gli altri a non pensarci continuamente non riesco a smettere di pensarci anche io…

Ecco il potere di Ruefle, rendere universale il suo particolare, rendere il lettore parte del suo mondo, che sembra bellissimo, triste a volte, rosso, nero o grigio a seconda dei casi, ma a cui ringrazio di aver potuto prendere parte.