“La portalettere” di Francesca Giannone (Nord)

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“La portalettere” di Francesca Giannone (Nord 2023)

“La portalettere” è un romanzo di Francesca Giannone, pubblicato da Editrice Nord all’inizio del 2023. A poco più di un mese dall’uscita è stato già opzionato per “i diritti televisivi da un’importantissima casa di produzione italiana, ben nota anche a livello internazionale”, ha annunciato la stessa casa editrice.

Complice anche la bellezza della copertina (il particolare di un quadro di Marie Krøyer), appena ho visto promuovere questo libro ho sentito subito il bisogno di averlo, poi è stato scelto dal gruppo di lettura di Universo Letterario per il mese di marzo e quindi ho detto, “ora o mai più”.

Lo sguardo diretto e chiaro della donna ritratta trasmette trasparenza, decisione, coraggio e positività, tutte caratteristiche che rispettano la protagonista. Ma andiamo con ordine.

Cos’è “La portalettere”

Per il suo romanzo di esordio, Francesca Giannone sceglie di partire dalla storia della sua bisnonna materna, che è stata la prima portalettere del suo paese, Lizzanello, negli anni Trenta.

Le storie famigliari e personali che si diramano intorno al personaggio da Anna Allavena, sono dichiaratamente inventate, ma intense e verosimili. Molte sottotracce sono storie d’amore: abbiamo il cognato che si invaghisce della “forestiera” e non le fa mancare mai il supporto, la nipote prediletta che si ingarbuglia in una relazione proibita, il paese che resta immobile a guardare e giudicare ogni foglia che si muove.

Un tema fondante è la discriminazione di genere, problema che inizia a farsi sentire sempre più forte con l’avanzare del 1900. Il tema non è banalizzato con la solita storia della donna che vuole fare un mestiere “da uomo”, come Anna che vuole fare “il portalettere”, ma viene esteso all’altra metà del cielo, ossia a un uomo che vorrebbe fare un mestiere “da donna”, lavorare nella moda. E infatti non è in Italia – né tantomeno al Sud – che quest’uomo troverà la sua dimensione.

Nel romanzo Anna Allavena non è una pioniera solo nel suo mestiere, ma è una figura molto importante perché crea, a sue spese, una Casa delle Donne, contro le dicerie e contro i pregiudizi, sia a Lizzanello sia a Lecce.

Punti di forza

“La portalettere” è un romanzo d’ambientazione che si fa leggere bene. Ho apprezzato molto sia l’intreccio sia la dimensione dei personaggi. È una storia che cattura per l’ambientazione e per le dinamiche relazionali. Durante la lettura la si immagina funzionare bene sottoforma di fiction.

L’autrice si gioca bene quella tecnica tutta shakespeariana del gap in knowledge, ossia quella suspense che deriva dalla differenza di quello che sa il pubblico e quello che sanno i personaggi. Per esempio, questa tecnica è alla base del momento in cui Romeo sta per uccidersi perché crede che Giulietta sia morta, mentre lo spettatore sa che è solo addormentata.

Allo stesso modo, ne “La portalettere” c’è un segreto che si sedimenta fra gli interstizi sottilissimi dei rapporti fra le famiglie protagoniste, e che complica sempre di più i rapporti. Al lettore non resta altro da fare che continuare a leggere, sperando che questo segreto venga a galla e sistemi le cose. Ma la verità è sempre la scelta migliore?

Però, però, però…

Quando sono arrivata alle ultime cento pagine del libro, ho avuto la sensazione che la storia fosse decentrata. Se questa donna è stata importante e degna da ricordare perché ha contribuito all’avanzamento femminile nel Salento, occorre sicuramente dare un quadro intimo di lei, ma è un peccato che la sua opera più importante, la Casa delle Donne, sia scivolata nell’ultimo quarto del libro. Non è la biografia di Maria Montessori, d’accordo… però forse mi sarebbe piaciuto un focus maggiore su questa parte della sua vita, perché a mio parere è quella che più di tutte ha dato un senso al suo essere “forestiera”.

Nonostante questo, la lettura è stata sempre molto piacevole, è stato bello immergermi; ho percepito ogni scena come ricca e utile al progresso della narrazione.

“La portalettere” è una lettura che consiglio a chi è appassionato di fiction e di romanzi famigliari. Secondo me piacerà a chi ha già apprezzato “I leoni di Sicilia“, della stessa casa editrice, anche questo in via di trasposizione cinematografica.

Cristina Mosca

Però, però, però… ancora

Ok, a me non è piaciuto, mi sono innervosita nel leggerlo e nel leggere i ringraziamenti e, francamente, non capisco tutto questo rumore intorno a un libro che è come mille altri.

Inizio dalla fine, dai ringraziamenti: l’autrice dice di aver scritto Lizzanello, ma in realtà di aver fatto un misto di vari paeselli del Salento. Bene, allora non scrivere Lizzanello e scrivi un nome di tua fantasia, se invece scrivi Lizzanello, ti attieni al paese.

Ma soprattutto: cliché come se piovesse, e non parlo tanto della mentalità salentina di cento anni fa, che non è cambiata così tanto (ci abito, lo so bene), parlo di una ragazza del Nord che si trasferisce al Sud. Lei, la protagonista, l’ho trovata piena di cliché. Sempre dalla parte della ragione, sempre un passo avanti, sempre oltre. E poi la storia d’amore tra lei e il cognato? Per me la sola cosa che abbia senso è la lettera finale che Anna scrive al cognato. Per il resto tutto molto prevedibile, tutto molto rigido negli schemi, compreso il marito che la tradisce perché lei “osa” fare la la portalettere e così gli manca di rispetto.

Scritto bene, niente da obiettare, ma è questo il motivo per cui non amo e non leggo saghe familiari: prevedibili, noiose e, alla fine della lettura, mi sembra di aver perso tempo.

Daniela Myr