La strada di casa – Kent Haruf (NNE)

E così sono tornata a Holt. Consapevole che sarebbe stata l’ultima volta.

D’ora in poi potrò guardarmi le foto sbiadite dei viaggi in quella cittadina, provando nostalgia per i bei tempi andati, quelli pieni di promesse mai mantenute.

Questo è un po’ lo stato d’animo.

Si comincia:

Alla fine Jack Burdette tornò a Holt. Nessuno di noi se l’aspettava più. Erano otto anni che se n’era andato e per tutto quel tempo nessuno aveva saputo niente di lui. Persino la polizia aveva smesso di cercarlo. Avevano ricostruito i suoi movimenti fino in California, ma dopo il suo arrivo a Los Angeles se l’erano perso e a un certo punto avevano rinunciato. Quindi nell’autunno del 1985, per quanto se ne sapeva, Burdette era ancora là. Era ancora in California, e noi ci eravamo quasi dimenticati di lui.

A scrivere è Pat, direttore e cronista del giornale locale. Lui e Jack a scuola erano amici, passavano insieme il sabato sera, sono anche andati alla stessa università, per un breve periodo, poi le loro strade si sono separate.

A Holt sono tutti arrabbiati con Jack Burdette, Haruf non ci dice subito che cosa è successo. Ci racconta tutto dall’inizio, da quando Burdette perse il padre in un incidente. Il padre ubriaco fu investito da un treno in corsa. Sul posto accorsero tutti, compresi Pat e suo padre, che dirigeva il giornale prima di lui.

Mio padre lo fissò per un istante.

Questo è il problema con i testimoni oculari, osservò. Pensano di avere visto tutto. E ogni volta che lo raccontano, pensano di dover aggiungere qualcosa a quello che hanno già raccontato a qualcun altro.

Non credi a quello che ha detto? gli chiesi.

Forse sì. Però a George Foley piace starsi a sentire. È così che si guadagna da vivere.

Pensavo fosse un barbiere.

Lo è.

Ah, esclamai.

Se la strada di Jack Burdette sembrava già segnata, a quel punto divenne impossibile sperare in un cambiamento. Sua madre non aveva abbastanza carattere e ormai il danno era fatto. Lei di certo non parlava la stessa lingua del figlio. Jack se ne andò di casa a 16 anni, lavorava, si manteneva, piaceva alle ragazze e se ne fregava di tutto e di tutti. Era un mito, la leggenda di Holt. Per i ragazzi un esempio inavvicinabile, per gli uomini una promessa, per le donne, e in particolare Wanda Jo Evans, attraente e affascinante. La sua strafottenza iniziava a irritare, ma non seriamente. Era come se gli venisse perdonato tutto. Anche essersi sposato con una non della contea. Finché non l’ha fatta troppo grossa ed è scappato, lasciando moglie e figli.

I cittadini di Holt se la prendono con la moglie e qui, Haruf, descrive in maniera mirabile la rabbia che si trasforma, non sempre consapevolmente, in cattiveria gratuita. Sembra giusto trattare male le persone, soprattutto se non possono reagire e sono più deboli. Ma Jessie non è debole, è una donna forte e decisa. Sa che cosa vuole e sa che per pareggiare i conti deve rinunciare a qualcosa. Anche se quel “qualcosa” è davvero troppo, per chiunque.

Io non so che valore monetario attribuiscano alle bambine dalle altre parti, ma nel maggio di quell’anno scoprimmo che qui centocinquantamila dollari – meno il valore della casa con due camere da letto in centro città – sembravano un importo appropriato.

Il libro termina con un finale aperto. Non sappiamo che cosa succede veramente, ognuno di noi può immaginare quello che preferisce.

Come sempre Haruf ci racconta una storia che colpisce, con dei personaggi che restano, che ti accompagnano durante la giornata e che ti danno la buonanotte. Sono persone vere, vive. E tu sei uno di Holt. Forse se uno degli avventori del bar, o un lettore del giornale, oppure uno di quelli che si fanno i fatti propri e scuotono la testa in segno di disapprovazione.

Sentiamo la cattiveria altrui, ma anche l’amore e le speranze, e i tentativi, spesso vani, di essere felici. Gli errori e la colpevolizzazione. Tutta la gamma dell’emozioni e reazioni umane.

è sempre difficile parlare di Haruf, perché sono sempre storie belle, vive. Chiunque altro tentasse di scrivere come lui risulterebbe lento, noioso, ripetitivo, invece lui no, lui coinvolge in una maniera tutta sua. E tu, chiunque tu sia, ti ritrovi a Holt senza nemmeno accorgertene.