“L’adultera” – Laudomia Bonanni (Bompiani-Elliot)

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“L’adultera” di Laudomia Bonanni (1964)

“L’adultera” è un romanzo di Laudomia Bonanni pubblicato da Bompiani nel 1964 che vinse il Premio Selezione Campiello di quell’anno (Giuria dei Letterati) e venne selezionato per il Premio Strega. Oggi è proposto dalla casa editrice Elliot, ma io ho avuto l’emozione di leggere la prima edizione, recuperata nella ricca biblioteca comunale del paese in cui vivo perché è stato scelto dal Club del libro della Libreria Primo Moroni di Pescara, guidato da Maristella Lippolis.

Cos’è “L’adultera”

Questo romanzo è occupato per metà da un viaggio in treno. Linda sta raggiungendo l’amante approfittando della trasferta per lavoro: con lui farà l’ultimo tratto di strada da Roma a Napoli. Il viaggio notturno in treno si presta benissimo a metafora di vita, perché Linda rivive tutti i suoi uomini, le sue passioni e i suoi tradimenti. Parliamo di anni in cui l’adulterio da parte della donna era punito con la reclusione (solo nel 1968 questa legge fu abrogata).

Eppure Linda non si sente in colpa. È adagiata in un matrimonio con prole, non più fastidioso di un foglio di carta igienica che resta impigliato sotto un tacco. È scostante, affettuosa ai minimi termini, svogliata. Un atteggiamento che contamina ogni modo in cui potrebbe vivere l’amore.

Punti di forza

Ho trovato “L’adultera” un romanzo contemporaneo e potente. Ha un linguaggio preciso e appuntito, una protagonista che non nasconde i suoi pensieri più opportunistici e impopolari quasi come un personaggio di Teresa Ciabatti.

Impantanata in un matrimonio senza desiderio, con un marito tenuto lontano per anni dalla guerra e una figlia arrivata per caso, Linda è come anestetizzata. Ama le cose belle, la percezione del suo corpo, ma sembra non sapere più cosa sia il sentimento.

“Parli sempre di te come se fossi solo carne.”

Linda non insegue: prende. Non cerca: approfitta. Non è una donna propositiva o a un passo dalla redenzione. È malata di anaffettività, è una donna che non sa amarsi.

Però, però, però…

Vorrei leggere tutta la produzione della Bonanni per assistere alla sua evoluzione. Se ne “L’adultera” l’autrice mostra una donna carica di noia e insofferenza che sembra non avere voglia neanche di gioire, nel successivo “Il bambino di pietra” del 1979 abbiamo un personaggio simile, nevrotico e sconfortato, ma che stavolta cerca una luce nelle nuove generazioni. Di Laudomia Bonanni abbiamo recensito anche “L’imputata“.

“Quella passeggiata nell’orto illuminato a fuoco: fine del mondo e voluttà di respirare. Dentro niente, una leggerezza bucata. Forse così era la sua paura, un vuoto che occorreva continuamente riempire d’aria.”

Un tratto in comune è nel flusso di coscienza, che a volte può ostacolare la linearità della comprensione. Ma francamente è una lingua così raffinata che non se ne sente il peso. Consigliata!

Cristina Mosca