Le cose di prima – di Eduardo Savarese (Minimum Fax)

Le cose di prima

di Eduardo Savarese

Minimum Fax

Dal sito dell’editore

Nella vita di Simeone, un adolescente colpito da distrofia muscolare, i tratti del melodramma sembrano aver preso il sopravvento. La malattia si rivela in tutte le sue penose limitazioni e in tutti i suoi contrasti – l’inerzia forzata e il desiderio di crescita, il bisogno di essere amato e il decadimento che inquina la dinamica dei sentimenti, l’incolpevolezza e il peso delle fratture causate ai rapporti familiari – mentre le «cose di prima» appaiono ormai improbabili e quasi esotiche.
Sul suo palcoscenico la madre è un contralto, la voce stanca e nevrotica di chi vorrebbe riprendere a vivere ma non ci riesce. Pierotta, soprano, è la ragazza depressa e instabile con cui Simeone duetta. Filippo, il baritono, è il professore che gli illustra i misteri della fisica quantistica, nei quali è forse annidata una speranza di salvezza. Il grande assente è il tenore, Thomas, il padre di origine siriana che lo ha abbandonato: è il suo abbraccio che Simeone non smette di rincorrere per sapere se è un disertore o un eroe, e se davvero esistono legami così forti da ridefinire le leggi della fisica. Con una Gerusalemme innevata a fare da sfondo, a padre e figlio è riservato uno struggente atto finale.
Come ha scritto Julian Barnes, soltanto il melodramma riesce ad andare dritto alla meta, e a rammentarci l’essenziale.

Recensione

Quella era la speranza, resistere nell’attesa. ma di quante resistenze era fatta la vita? Sul corpo, resistere. Sull’angoscia, resistere. Sul desiderio sessuale, resistere. Sugli amici che dicono di venire a trovarti e non arrivano, resistere. Sul futuro senza futuro, resistere.

Questa è la vita di Simeone all’inizio del libro. È solo, i suoi amici non lo vanno a trovare, nonostante le promesse, e quando lo fanno lui può leggere sui loro volti l’impazienza, la voglia di andarsene, di scappare da lì, da lui, come se la distrofia fosse contagiosa. La difficoltà di guardarlo in faccia e vedere oltre.

È la storia di un ragazzo di 19 anni, del suo percorso, delle sue difficoltà, del suo diventare grande, la ricerca di se stesso, di una sua dimensione, la ricerca del padre, che a sua volta è partito alla ricerca di un se stesso che in famiglia sentiva di non riuscire a esprimere. Simeone che cerca di affrancarsi dalla madre onnipresente, a tratti soffocante, l’unica, a dire il vero, sempre presente. E lo capisco Simeone, lo capisco benissimo. Ma nella pancia ho sentito la madre, Elide. La sua sofferenza, le sue difficoltà. Le  ho sentite come se fossero mie, nonostante non sia lei la protagonista.

Elide non sopportava la commozione degli altri. La credeva fasulla oppure, quando la sentiva vera, se ne ingelosiva, come se il dolore per la distrofia di Simeone dovesse essere soltanto suo.

Tramite lei ho potuto sentire e vedere meglio Simeone ed è con lei che mi sono immedesimata. Il senso di impotenza, la voglia di smuovere mari e monti per il figlio, e il rendersi conto che non si è abbastanza: non si ha la forza né la capacità di cambiare alcunché e nemmeno di far star bene il proprio figlio, che sembra rifiutarti. Ed è lacerante, lo è sempre, ma ancor di più quando sai che tuo figlio non potrà mai essere davvero autonomo come vorrebbe, indipendente, quando sai che soffrirà più dei suoi compagni di classe, dei suoi amici, quando anche una gita al mare diventa impegnativa, fare la pipì in piedi impossibile senza un sostegno; vederlo crescere, la fatica di accettare i suoi cambiamenti, anche se inevitabili, di accettare che cerchi la sua strada, il che vuol dire che sbaglierà,  e cadrà, e dovrà rialzarsi. Non solo fisicamente, cosa che succede nelle primissime pagine, ma anche metaforicamente. Ed essere pronta ad accoglierlo e consolarlo e aiutarlo a rimettersi in piedi, se lo vorrà. Ma senza invadenza. Ho sentito il dolore di lui attraverso la disperazione di una madre che non può disperarsi. Non davanti al figlio. Il padre se ne è andato, la malattia progredisce a vista d’occhio, debilitando il corpo di Simeone di giorno in giorno. Lui vuole fare, vedere e lei non riesce a lasciarlo andare. E se gli succedesse qualcosa? Se lei non fosse lì, pronta, per lui? .

E Simeone invece vorrebbe essere lasciato un po’ stare, vorrebbe fare le sue esperienze, sbagliare e farsi male. E dimostrare di avere ragione, magari non sempre, ma sente che è giusto anche per lui sperimentare, provare a fare l’impossibile, cercare di vivere e godersi le cose più semplici. Ha dovuto rinunciare a fare “le cose di prima”, molte per lui non sono più accessibili, ma ce ne sono tante altre che può ancora fare.

Si sente solo: cerca amici e sogna l’amore. Vuole dimostrare il suo valore, di non essere come gli altri. Farà amicizia on line, in un gruppo di amanti della fisica, dove le spiegazioni della fisica quantistica fungono da metafora per le relazioni umane. A partire da Oppenheimer e le particelle subatomiche distruttibili e indistruttibili al tempo stesso, passando dall’equazione di Diràc, per arrivare ai buchi neri e all’entropia. E arriverà l’amore, o quantomeno il sesso. È giusto farselo bastare?

Arrivano in maniera chiara e diretta la solitudine di Simeone e il senso di impotenza di Elide, e non ci si riesce a sottrarre, non si può. Il libro non parla della malattia da un punto di vista medico, bensì delle conseguenze sulla vita delle persone; racconta di un ragazzo che cresce, che cerca di emanciparsi e di stare bene, con se stesso e con gli altri. Cosa difficile per chiunque, ancora più per chi è costretto su una sedia a rotelle, con un corpo che non risponde, un padre lontano e le persone che non vogliono guardare. Essere amati sembra a volte impossibile: chi può volere quel corpo ridotto a poco più di uno scheletro? Anche solo sfiorarlo sembra impensabile per molti. Ma Simeone vive: è vivo dentro. E vuole assaporare la vita, per quel che può, ma senza porsi dei limiti che in fondo non ci sono, quelli reali sono già fin troppi. Non può correre, ma può viaggiare in altri modi.

Ed Elide cresce col figlio. Con il cuore a pezzi lo lascia andare, accetta che faccia le sue esperienze! Pronta a raccogliere i cocci di entrambi.

Daniela