Le due madri – Gianfranco Mattera (San Paolo)

Le due madri
Gianfranco Mattera
San Paolo

In ogni storia ci sono almeno due versioni, due punti di vista. Anche in questa.

Giulia e Roberta, due madri della stessa bambina.

Madre biologica la prima, affidataria la seconda.

Mattera conosce ciò di cui parla, lo vive giorno dopo giorno, come assistente sociale. Quello che ci restituisce è una storia che ne racconta altre mille.

Una madre che ama la propria figlia, ma incapace di prendersene cura e di proteggerla. Incapace di proteggere se stessa, di vedere quello che la circonda, ma non malvagia. Una donna che si sente completa solo con un uomo al suo fianco, non importa quanto violento possa essere. Una madre che non si rende conto di mettere in pericolo i propri figli.

Ho rifiutato l’aiuto dei servizi sociali, di uno psicologo, del centro antiviolenza, dei loro avvocati. Ho rifiutato di scappare con te in un luogo segreto, in un’altra città, dove ricominciare da zero e rifarmi una vita. Ho rifiutato ogni tipo di proposta, perché nessuna proposta contemplava Mohammed.

Mohammed è tornato a casa. Con la mia complicità. Nonostante il decreto del giudice.

Dall’altra c’è una donna che vorrebbe essere madre, ma la natura glielo impedisce. Decide quindi col marito di tentare la strada dell’affidamento, per accudire un bambino che ha bisogno di sicurezza, di calore, di agi, non solo in senso materiale, nel senso proprio di sentirsi al sicuro, di potersi fidare. Una donna che si sente madre: sa di non esserlo, se non temporaneamente, ma chi può impedirci di voler bene a qualcuno? C’è forse un limite? Accogliere in casa propria un minore vuol dire accoglierlo nella propria vita e nei propri affetti, senza preclusioni, senza pregiudizi.

L’entusiasmo di tuo padre! È stato quello a fare la differenza, a sedare i miei dubbi, a farmi forza, a darmi il coraggio indispensabile per uscire dal mio guscio e a rimettermi in gioco.

Le due voci si alternano, si raccontano. Entrambe vivono un’ingiustizia: della maternità negata dalle autorità e della maternità negata dalla natura.

A un certo punto si innesta una gara silenziosa e a distanza tra le due. Non vogliono ferire la bambina, né gettare ombra sull’altra madre, sanno che non si fa. Ma noi lettori sappiamo che nonostante i mille sforzi, qualcosa traspare e siamo certi che la bambina avverta questa guerra silenziosa, a distanza, dove il trofeo è proprio lei.

Dicevamo all’inizio che in ogni storia ci sono almeno due punti di vista. Mattera ha scelto di mostrarci quello delle due madri. Quello del giudice, degli assistenti sociali e degli psicologi li possiamo dedurre. Il grande assente è quello di Marika e non è un caso. Perché, purtroppo, in queste storie, chi ci rimette di più sono sempre loro: i bambini. Non sappiamo il dolore che prova, lo spaesamento, la rabbia, la tristezza o la gioia. È la protagonista della storia, ma non ha voce. E questo perché nella realtà è così, perché noi adulti cerchiamo di fare di tutto per proteggerli, per farli stare bene, ma siamo sempre, tutti, inadeguati. Non abbiamo i mezzi, le capacità. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma se riusciamo ad andare bene per un verso, sbagliamo da un’altra parte. E a volte sono errori gravi, che minano la stabilità del minore. Giulia a un certo punto aveva i soldi, ma non si è mai interrogata sulla loro provenienza. O come il giudice che non decide e prende tempo. Certo, ha le sue ragioni, ma ancora una volta sarà la piccola a continuare a vivere in una bolla di indecisione.

Solo questo mi sento di chiedere, che il giudice non perda del tempo prezioso e si esprima al più presto: sono o non sono capace di prendermi cura di te?

In questo tempo sospeso, Marika dice alla fine che vorrebbe unire le due case. Ma non si può. E allora non riuscendo a definire che cosa è meglio, continuerà a stare sospesa: ad avere una casa calda, sicura, vestiti puliti, cibo, attenzioni. E forse un giorno potrà tornare da Giulia, la madre biologica, e riprendere la loro vita. Ma non sarà mai più solo sua figlia.