Traduzione di Margherita Podestà Heir
Tutto comincia con un testamento. Al momento di spartire l’eredità fra i quattro figli, una coppia di anziani decide di lasciare le due case al mare alle due figlie minori, mentre Bård e Bergljot, il fratello e la sorella maggiori, vengono tagliati fuori. Se Bård vive questo gesto come un’ultima ingiustizia, Bergljot aveva già messo una croce sull’idea di una possibile eredità, avendo troncato i rapporti con la famiglia ventitré anni prima. Cosa spinge una donna a una scelta così crudele? Bård e Bergljot non hanno avuto la stessa infanzia delle loro sorelle. Bård e Bergljot condividono il più doloroso dei segreti. Il confronto attorno alla divisione dell’eredità sarà l’occasione per rompere il silenzio, per raccontare la storia che i familiari per anni hanno rifiutato di sentire. Per dividere con loro l’eredità – o il fardello – che hanno ricevuto dalla famiglia. Per dire l’indicibile.
Recensione:
Il padre muore, lo sappiamo da subito, e la protagonista, Bergljot, inizia a raccontarci gli antefatti, che cosa è successo prima. Nei mesi precedenti e negli anni precedenti. C’è una lite circa l’eredità: le due case di Hvaler vanno interamente alle due figlie minori, Astrid e Asa. A Bergljot e Bard che cosa resta?
L’inizio è molto freddo, si parla di queste case, del dispiacere dei fratelli di essere stati esclusi, veniamo a sapere che Bergljot ha rotto i rapporti coi genitori da più di vent’anni, ma il tutto viene affrontato senza sentimento, quasi fosse solo un calcolo economico.
Poi invece, un po’ per volta, si intuisce che cosa è successo, si capisce perché Bergljot non voglia avere nessun rapporto coi genitori, e la situazione si ribalta. Sono i sentimenti, le sensazioni, le reazioni istintive a guidare la storia e avere il sopravvento.
Bergljot è ossessiva e ossessionata, non riesce a pensare ad altro, parla solo di quello: dell’eredità, della lite con le sorelle, del fatto che non la capiscano, non le credano. In ventitré anni nessuno le ha mai chiesto niente, e questo lei non lo riesce a perdonare.
Non ero in grado di perdonare.
Ma di gettare tutto nell’oceano dell’oblio?
Sollevarlo alla luce, studiarlo, riconoscerlo, accettarlo e gettarlo nell’oceano dell’oblio?
Non ero in grado di fare neppure quello. Perché non trattava di episodi singoli e neppure di un racconto finito, ma di una ricerca caparbia, uno scavo necessario pieno di cortocircuiti e tormenti involontari. E la presenza della mia infanzia perduta, l’eterno ritorno di quella perdita, era ciò che mi rendeva nitida e distinta a me stessa, una parte della mia esistenza che permeava persino il sentimento e la sensazione più piccoli che albergavano dentro i me.
L’autrice ci racconta di una madre che preferisce nascondere la testa sotto la sabbia, che finge di non sapere, per poter continuare a essere chi finge di essere. Ci racconta di relazioni vischiose, della solitudine della vittima.
Il filosofo Arne Johan Vetlesen ha detto che il punto debole delle commissioni d’inchiesta, dei processi di riconciliazione dopo le guerre, risiede nel fatto che vengono richiesti gli stessi sforzi alle vittime e ai carnefici, che l’ingiustizia sta proprio in questo.
Perché Bergljot dovrebbe perdonare? Perché dovrebbe far finta di niente?
Bergljot non ispira simpatia, non è un personaggio simpatico, è una che allontana, a sessant’anni ha ancora delle reazioni da bambina, come se non fosse mai cresciuta. Ma come si può crescere e andare oltre se non si ammette la sofferenza, se non la si elabora? Le reazioni nemmeno possono evolvere, resteranno al livello di rivendicazione. E se in famiglia nessuno pare crederti? Se ti trattano con condiscendenza? Resta la voglia, la necessità di essere vista, ascoltata.
Tanto spaventoso vedere quelle parole, tanto bello essere vista. Avere qualcuno che alzava uno specchio che non mentiva, che gioia che lei vedesse così bene.
E allora l’eredità diventa un punto di svolta, la causa scatenante. Si creeranno due fazioni, e Bergljot e Bard riusciranno, ognuno a suo modo, ad andare oltre, a gettare una luce diversa sul proprio passato. Riusciranno, a fatica e rinunciando a molto, a non farsi più fagocitare da quanto successo, a evolvere. Dimenticare no, quello non si può. Perdonare nemmeno. Non ha senso
Non era affatto la soluzione equa, se le cose non avvenivano nella giusta sequenza. Chi ha tradito non deve essere lodato per avere ammesso il proprio tradimento, prima che vengano riconosciuti la disperazione, il dolore e la rabbia della persona ferita. Senza questo, il rimorso non sortirebbe nessun effetto. È una legge della natura, è presente in noi, non ne usciamo senza la giusta sequenza.
Ed ecco allora che Bergljot ha il so risarcimento: non economico, o forse sì, ma morale. Nessuna scusa, nessun pentimento, solo, e non è poco, la possibilità e la capacità di vivere serenamente le proprie scelte. Sapendo che il passato non si cancella, ma che ora non può più farle male.
Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale