Lontano dagli occhi – di Paolo Di Paolo (Feltrinelli)

Lontano dagli occhi ,
di Paolo Di Paolo,
Feltrinelli 2019

Roma, 1983. Tre coppie, tre storie diverse, tre famiglie che non si conoscono affrontano lo stesso problema, inaspettato: diventare madre, diventare padre, pur sentendosi ancora figli. Luciana e l’Irlandese, Cecilia e Gaetano, Valentina ed Ermes: amori occasionali, sognati, sognanti, forse sbagliati, che inciampano nella prospettiva della maternità.

Questa è la premessa di “Lontano dagli occhi”, il nuovo romanzo di Paolo Di Paolo edito da Feltrinelli. Le tre figure femminili sono agli ultimi mesi di una gravidanza che non riescono ad accettare fino in fondo e i tre personaggi maschili sono presi alla sprovvista dalla notizia. Chi scappa, chi si chiude, chi va nel pallone, chi si masturba. Reazioni maschili che raccontate da un maschio sono molto interessanti.

Ho comprato questo libro appena uscito, a ottobre 2019, e rispetto ai miei standard riesco “già” a leggerlo dopo quattro mesi grazie alla scelta, per il mese di febbraio, da parte di un gruppo di lettura che sto frequentando a Pescara: “Sulla traccia di Angela”, nato in seno alla biblioteca “Di Giampaolo”.

Paolo Di Paolo, stavo dicendo, in sostanza segue i suoi personaggi con il suo consueto garbo e ci aiuta a immedesimarci nelle loro storie e nei loro pensieri. Anche se…

Punto di debolezza

…Anche se è grande, il rischio che l’autore ha accettato di correre immettendosi in una tematica così spinosa, soggettiva e di genere come la maternità. Come può un uomo avvicinarsi al Mistero, provare a raccontare con esattezza qualcosa che neanche una donna riesce a focalizzare? Come spiegare l’inspiegabile? Quale intervista e profonda conoscenza può essere utile a un uomo, che è pensato geneticamente e biologicamente per occuparsi di altro, in modo da tradurre in parole, sensazioni e sentimenti verosimili un pensiero solido come la maternità che muta come un magma all’interno della stessa donna ed è inafferrabile?

Poi salta fuori un catetere che, dopo un parto naturale generalmente non serve, e quindi una lettrice, che si sente frugata come dal ginecologo già solo per venire posta di fronte a questo argomento da un maschio pensa boh.

Però, però, però…

Però a questo libro bisogna arrivare fino alla fine. È necessario superare tutte le eventuali, lontane perplessità vedendole per quelle che sono: un granello di sabbia che disturba appena, se si considera che la narrazione è molto appropriata, condotta bene e con gentilezza.

Bisogna terminare il libro, per poter arrivare a un capitolo molto dolce e illuminante, autobiografico. Qui tutti i preconcetti cadono, la bocca si spalanca e il romanzo si capovolge.

Arrivati alla fine di “Lontano dagli occhi” ci si trova denudate di tutte le opinioni costruite fino a quel punto. Si smette improvvisamente di pensarlo come un racconto sulla maternità e sulla paternità e diventa una lettera d’amore, un messaggio in bottiglia. Diventa un libro sul perdono. Se prima ci era parso difficile provare a spiegare l’inspiegabile, adesso ci pare incredibile aver provato a comprendere l’incomprensibile: l’abbandono. Le ultime pagine del libro ci commuovono: dopo averci mostrato figli che faticano a vedersi genitori, leggiamo di un figlio che accetta, con indulgenza, di farsi genitore verso i suoi stessi genitori. Forse anche genitore, tenero e protettivo, di se stesso.

Tutte queste riflessioni confermano l’opinione che già mi ero fatta di Paolo Di Paolo, dai tempi di “Dove eravate tutti”. In lui vedo ancora la capacità di dare voce a una generazione, la mia, che vive nella ricerca di una destinazione ma porta avanti il bisogno di guardare negli occhi la sua provenienza.