Manuale di fisica e buone maniere – di Daniele Germani

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Manuale di fisica e buone maniere

di Daniele Germani

edizioni David and Matthaus

Dal sito dell’editore:

Manuale di fisica e buone maniere è il racconto di occasioni perdute. Il romanzo descrive il complesso rapporto sentimentale ed emotivo fra due studenti italiani, attingendo dal linguaggio e dalle teorie della fisica, mescolando scienza e letteratura. Lui è un assassino di gatti con problemi relazionali al limite della psicosi; lei è una futura astrofisica di successo segnata da un passato tragico. Entrambi vivono con disagio l’esistenza sul nostro pianeta. A far da cornice alla loro storia, una Londra polverosa e poco accogliente, dove si rifugeranno per scappare dal loro passato.

Manuale di fisica e buone maniere narra di come le nostre vite siano influenzate da eventi incontrollabili, ma non interamente determinate da leggi ineludibili, come quelle che regolano il moto dei pianeti: la responsabilità di scegliere se reagire o se rinunciare a vivere è soltanto nostra.

Recensione

Due bambini, che poi diventano ragazzi, che vedono e leggono i rapporti familiari come pianeti, orbite, costellazioni. Da una parte lei, che definisce la propria famiglia un sistema che ruota e gravita attorno al padre, il sole; dall’altra lui, che si sente un estraneo a tutti, ma che riconosce come i pianeti e i satelliti abbiano un loro moto e si influenzino, anche a distanza.

Due ragazzi che cercano la propria strada, la propria identità. Entrambi a disagio, con un passato difficile da gestire. Entrambi hanno scelto la solitudine, l’isolamento. Finché non si incontrano.

Non sapevo che l’affetto che sentivo non andava frettolosamente innalzato a quello che desideravo, ma doveva essere fatto crescere con il tempo necessario, con le condizioni giuste, senza la fretta e la voglia di diventare anche io una persona normale. La colpa fu soltanto mia; ebbi la presunzione di credere che quella felicità che mi era stata tolta mi dovesse essere restituita. Ora ho capito, oggi lo so.

Da quel momento, da quanto l’orbita di uno entra in quella dell’altra, la loro vita cambia. Faranno scelte che li porteranno a essere infelici, a non vivere, perché quello è l’unico modo di vivere che conoscono. Si inseguiranno, fuggiranno e si ritroveranno, e in mezzo a tutto questo c’è la vita, appunto. Ci sono le scelte di ognuno. Ci sono le priorità che uno si dà.

Non era pronto e non voleva più essere il centro focale di quell’ellissi che non poteva calcolare, che non riusciva nemmeno a immaginare. La sua famiglia, quella ragazza, gli studi che andavano a rilento. Non era quello il suo universo. Decise di nascondersi. Decise di non vivere. E ci riuscì, anche se per poco.

C’è vuoto, c’è tristezza, c’è incapacità di comprendersi e di sentire l’altro. Sono legati, loro due, si influenzano come i pianeti, ma non si troveranno mai veramente.

Entrambi cercano la felicità nell’isolamento, convinti di bastare a se stessi. E in qualche modo ci riescono, anche se è come se vivessero sempre in apnea, senza assaporarla la vita, senza gustarla. E sembrano fatti l’uno per l’altra.

Ogni tanto leggevo qualche notizia sul giornale, di qualche disgrazia, come bambini morti, vittime innocenti di una qualche catastrofe naturale, ma non provavo niente di niente, mi era tutto indifferente. Sapevo solo che non avrei mai più voluto sentire il dolore. Ero certa che ci sarei riuscita. Avevo un piano che avrebbe funzionato: scompa- rire e non parlare più con nessuno, non circondarmi mai più di nessuno, esseri umani o animali che fossero.

Si ritrovano come il gatto di Schrödinger: vivo e morto al tempo stesso.

È un bell’esordio, intenso. E triste. Non so perché, ma ultimamente mi sono ritrovata a leggere di persone che non sanno, non riescono o non vogliono vivere. E lo so che nella vita è così, ma mi dispiace sempre leggere e vedere persone che rinunciano alla propria felicità. Che poi da fuori sembrano non felici, ma magari sono solo diversamente felici. Loro vivono la loro vita a modo loro, in un modo per me incomprensibile. Come si può essere felici da soli? Davvero possiamo bastare a noi stessi? E alla fine, che cosa ci rimane?

Il libro di certo non ha la pretesa di dare risposte, e nemmeno di porre interrogativi, ma per me è impossibile non chiedermi: perché non ci provano? Perché si respingono pur essendo l’unica possibilità l’uno dell’altra?

È un libro che cita e interpreta la famosa equazione di Dirac, che è stata più volte ripresa e manipolata, fino a definirla equazione dell’amore. Ci sono alcune spiegazioni scientifiche, e ho così scoperto il perché del rosso del tramonto. Il tutto è funzionale alla trama; i due protagonisti amano l’astrofisica e utilizzano quei termini e quelle metafore per spiegare e spiegarsi, perché per loro quello è il modo di interpretare ciò che li circonda.

Il perché del titolo non lo spiego, non vorrei dire troppo del libro.

Ma il mare è soprattutto strada, direzione; è il netto stagliarsi di brezza marina come pensieri, è una musica senza parole, è un giro di archi che accompagna un ritmo lento, profondo. C’è un punto esatto, ed è solo quello, dove inizia tutto, dove inizia la tua vita, dove il tuo destino è messo alla prova. Quel punto è dove acqua e uomo si incontrano, si chiama riva, porto, sco- glio, spiaggia, si chiama in molti modi, ma è sempre lo stesso, è sempre destino.

Tocca l’acqua, chiudi gli occhi, pensa: “Da qui posso raggiungere qualsiasi altro punto della Terra, dall’altra parte del globo, dove probabilmente un altro essere umano sta facendo la stessa cosa, dove sta scoprendo che c’è un destino che l’aspetta”.

Daniela