Mescolo Tutto di Yasmin Incretolli (Tunué)

Mescolo Tutto di Yasmin Incretolli (Tunué)

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Descrizione (dal sito dell’autore):

Maria è un’autolesionista di dicianove anni. Chus un teppistello di venti. Lei vive in un rione romano assieme alla madre alcolizzata; lui arriva dall’Argentina. Si incontrano fra i banchi di scuola: comincia come un’infatuazione, continua come un gioco a base di parafilie, diventa ben presto una reciproca dipendenza.

Quando Chus abbandonerà gli studi chiudendo la loro relazione, Maria si darà alla fuga verso il nord del paese, incontrando bizzarri personaggi, tra cui una troupe di ricchi viziati che libererà la sua propensione all’estremo.

Mescolo tutto è un romanzo d’esordio che colpisce duro, dove una lingua figlia di Burroughs è al servizio di un lancinante bisogno di tenerezza.

Yasmin Incretolli è nata a Roma nel 1994. Questo è il suo primo romanzo.

 

Recensione:

Inizierò col dire che questa non sarà una recensione oggettiva. Ho chiesto espressamente alla casa editrice di poter recensire questa opera prima di una giovanissima scrittrice che divide per la forza e l’originalità del suo stile. Ne avevo sentito parlare perché era menzione speciale al premio Calvino. “Sentivo” che il suo romanzo aveva una connotazione straniante e onirica e avrei voluto parlarne qui, in uno spazio che sento mio, perché questo è leggere: astrarsi dal sé, compenetrarsi, elevarsi.

” M’associo io stessa ormai a creatura ibrida. Non umana: mescolata, appunto. “

In mescolo tutto c’è l’urgenza di sopravvivere, il rapporto con l’amore altro e quello per se stessi, lo scontro, la violenza, la disperazione, la denuncia per un male interiore che non è riconosciuto, sorvolato, evitato. Il rapporto d’amore fra Chus e Maria sembra quello fra una vittima e il suo carnefice, come se la protagonista dovesse dimostrare quanto è in grado di sopportare in una roulette di perdizione e depravazione. Nella prima pagina dice tutto quello che è:

“Mi chiamo Maria. Questa è l’ultima stagione della mia adolescenza.”

In uno stile ritmato e musicale, Yasmin Incretolli rompe gli schemi sociali e li rielabora dentro il suo personaggio. Il corpo di Maria è uno spartito pieno di note disordinate e soffocate, le ferite spurgano il dolore ma non alleviano la sofferenza se non a tratti di silenzio.

La prosa prosciugata si nutre dei singhiozzi di Maria che raschia la lingua fino all’essenziale, perde gli articoli che sono superflui, fissa momenti lucidi di un’adolescenza avariata. Sono due borderline Chus e Maria, si trovano e completano ma non si bastano. Perché non si può trovare nell’altro la mancanza di se stessi.  E non la trova Maria nei rapporti occasionali, nei lucidalabbra fruttati, nell’alcol, nella fuga.

” l’acqua è fulcro dell’esistenza e se l’organismo ne risulta sprovvisto comincia a operare malamente. Privarsene cagiona manifestazioni cliniche preannuncianti azzardo gnomico: in tale condizione cernereste sorgenti ritempranti? L’amore contorna medesima lirica. Malfunziono poiché mai dissetata adeguatamente. Allora è normale, berne un poco da chiunque ne offra”

Uno specchio della contemporaneità, delle periferie dimenticate, della vacuità nei corridoi delle scuole, una madre che sarebbe meglio se fosse assente e invece è lì a chiederle di invertire i ruoli, Mescolo tutto è questo ma non soltanto. Si intravede una sola figura stabile, la nonna, nei fiori del piumone, nei ricordi più lirici di Maria.

Quand’ero piccola assegnavo il mio nome a qualunque cosa rotta, alle bambole a cui mia madre attuava scalpatura come figurazione tangibile d’una punizione senza possibile redenzione. Impiegavo abbondante tempo a ripararle. Incollare daccapo ogni ciocca e fissare la capigliatura spruzzando la lacca di nonna.”

 

Anita