Mia sorella mi rompe le balle – di Margherita e Damiano Tercon (Mondadori)

Mia sorella mi rompe le balle
Damiano e Margherita Tercon
Mondadori

Un giorno ero in macchina con loro e Maurizio stava guidando. A un certo punto tira giù il finestrino e fischia forte, perché vede una bella signorina bionda dai capelli lunghi. Io credevo che volesse farle sapere che non doveva camminare in mezzo alla strada, ma lui dice che fischiare alle donne è come fare un complimento. A me questa versione non convince, perché non le sento mai dire indietro “grazie” e a me hanno insegnato che quando uno di fa un complimento, rispondi “grazie”.

Questo è Damiano, quello che “non ci arriva”, che non capisce le regole non dette delle relazioni. Eppure, leggendo queste parole, ti viene spontaneo pensare che chi non ha capito non sia lui.

Probabilmente gli sfuggono certi codici, certe sfumature, ma altri invece gli sono perfettamente chiari, perché guarda e vede le persone.

Eppure è sempre stato additato come quello che non capisce, lo scemo, il “mongolo”. Ha dovuto aspettare di avere 23 anni perché gli venisse riconosciuta la Sindrome di Asperger. Non che gli sia cambiato niente, ma almeno poteva dare un nome al suo essere diverso.

E poi c’è Margherita, sua sorella.

È sempre divertente guardare gli altri ballare: sono così felici e spensierati e liberi. Ed è una cosa che io, non so bene per quale motivo, non riesco a fare. Ballare in maniera incontrollata come fa mia sorella o nello stile di Damiano per me è impossibile! Io mi vergogno a muovere il mio corpo là in mezzo, con tutte quelle persone che guardano, quindi mi limito a osservare e analizzare la situazione. Farne parte non è cosa da me.

Non so voi, ma io ero così. Mai stata bene col mio corpo, figuriamoci dimenarmi e lasciare che i movimenti abbiano la meglio. Sembrava sempre di avere tutti gli occhi puntati addosso.

Eppure, se li avete visti in tv, a Italia’s got talent, non lo avreste detto. Che lei non stava bene col suo corpo. E che anche lei ha la sua storia travagliata, che ha dovuto lottare, e che lotta ancora, ogni giorno, contro i propri demoni.

Perché Damiano è diverso. Non sono come lui, non lo sarò mai. E per la maggior parte di voi che leggete è la stessa cosa. Ci dispiace, cerchiamo di capire che cosa voglia dire essere lui, vivere sempre in quel corpo, coi suoi limiti, con le difficoltà di interpretare il mondo, di farsi vedere e ascoltare. E pensiamo “per fortuna che ha Margherita!”. Ma poi leggiamo di lei e, tolta l’epilessia che è un’altro disturbo che o hai o non hai, i suoi demoni sono i nostri, o per lo meno sono cugini.

Se pensate però che il libro parli di malattia, vi sbagliate.

Il libro parla di speranza, parla della cocciutaggine di inseguire i propri sogni, anche quando gli altri ti dicono che tu non puoi, non sei capace, non ce la farai, anche dopo aver creduto loro, che poi chissà perché ce lo dicono? a loro che cosa ne viene in tasca? A volte basta poco, basta ritrovarsi al momento giusto per decidere di andare avanti insieme, di non mollare.

Credere nei propri sogni, sempre. Non sempre si realizzeranno, non sempre ce la faremo, ma se rinunciamo prima ancora di cominciare, poco ma sicuro che abbiamo perso.

Margherita e Damiano hanno scritto che parla di loro, delle loro difficoltà, del loro vivere sotto lo stesso tetto e non conoscersi. E scoprirsi, poi, da adulti. Dopo aver percorso la propria strada ed essere arrivati, entrambi, al punto di dirsi che nessuno ha il diritto di calpestare o deridere i nostri sogni.

Una grande lezione, un grandissimo monito e fortissimo incentivo a non mollare mai nemmeno noi. A coccolarci i sogni e annaffiarli e curarli e farli crescere.

Daniela

Grazie alla casa editrice per la copia digitale